Il Tirreno

Chi getta la spugna

Rosignano, chiude storico emporio: «Uccisi dall’e-commerce» (che la titolare stessa ha sperimentato)

di Ilenia Reali
Rosignano, chiude storico emporio: «Uccisi dall’e-commerce» (che la titolare stessa ha sperimentato)

La titolare racconta come le vendite si siano dimezzate. Favilli: «Ho provato con le vendite online per rimanere in piedi ma è stato un fallimento»

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ROSIGNANO. A fine anno, forse qualche giorno prima, il negozio “Le mille bolle blu” di piazza Monte alla Rena a Rosignano abbasserà la saracinesca. Potrebbe essere una notizia da archiviare in poche righe se quell’esercizio commerciale non fosse anche un presidio per quell’area di Solvay e non fosse una ferita, l’ennesima, del commercio cittadino.

Raissa Favilli lavorava già come dipendente nel negozio e nel 2011 ha rilevato l’emporio. «È andato tutto bene fino al 2019 quando è cominciata un po’ di crisi. È arrivato il Covid che ha diffuso l’uso di tablet e pc anche a chi solitamente non li usava. Fine del negozio».

È un racconto chirurgico quello di Favilli che si allarga piano piano tenendo insieme i cambiamenti del commercio che dal mondo arrivano direttamente a Solvay fino alle difficoltà della porta accanto, di un’area che ha sempre lottato per trovare una propria dimensione nel commercio e una propria identità urbanistica.

«Le vendite dopo il Covid sono diminuite moltissimo, dimezzate. Forse. Poi c’è stata una ripresa con le vacanze post Covid con gli italiani che sono rimasti qui in vacanza senza andare all’estero. Abbiamo “rilavoricchiato” un pochino ma avevamo le spese della pandemia, le spese fisse, tasse su tasse. Siamo stati uccisi».

Il negozio, tre vetrine sulla piazza, è uno di quelli in cui c’è di tutto un po’: cose da mare, oggettistica, cartoleria. Quei negozi che nelle grandi città sono spariti da un po’ ma che a Rosignano segnano la storia della comunità, le chiacchiere, il punto di incontro in una piazza sconfinata fuori dal “giro” che, dice Favilli, «porta sempre al centro commerciale» lasciando impolverare quelli che sono gli usi e i costumi di un paese, un po’ città, un po’ luogo di villeggiatura.

«Avevo tre dipendenti – dice la giovane titolare – e oggi ne ho “mezza”. Ci si fa compagnia. Sto facendo la svendita in modo da recuperare qualcosa. I clienti li ho persi con i centri commerciali, il 10%, ma l’80% con le vendite online».

Anche la titolare ha lavorato per un grosso portale di vendite online ma l’esperienza non è stata affatto positiva. «Devo avere ancora 160 euro. Ho messo i miei prodotti sul portale e gestivo la logistica. Prendevo un piccolo rimborso di 3 euro a spedizione. Sui prodotti che vendevano del mio negozio prendevano il 40% io ci ricaricavo il 30%. Perché lo facevo?»

E Failli racconta come dovendo comprare obbligatoriamente «una scatola di ciabatte, con l’online riuscivo a vendere quelle che avanzavano e quindi facendo la media ci rientravo».

Poi però hanno smesso di pagare e quindi l’esperienza dell’online è finita senza troppo successo.

Poi la titolare parla della situazione più locale. «In estate credo che servirebbe più attenzione per i turisti anche se nell’ultimo anno la nuova Pro Loco ha fatto veramente tanto, sono stati molto bravi. Qui però il passaggio è diminuito tanto da quando hanno fatto la pista ciclabile sull’Aurelia dividendo ulteriormente il paese a metà Prima potevamo fare un bellissimo carnevale, delle bellissime feste. Adesso invece avendo due strade a senso unico non possiamo più chiudere per motivi di sicurezza. Io ritengo che la riqualificazione del Paese aiuterebbe molto: ci andrebbe rimesso le mani perché è stata sbagliata uccidendo i piccoli negozi».

Poi Raissa conclude. «Io ci ho provato in tutti i modi, ma non prendo lo stipendio da mesi. Sono costretta ad arrangiarmi. Così era impossibile andare avanti».

Favilli è convinta che non sarà l’ultimo negozio a chiudere e che, senza aiuti, il commercio di Rosignano difficilmente potrà rialzare la testa.

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