Il Tirreno

Spettacoli

Lello Arena porta in scena a teatro la sua rilettura di “Aspettando Godot”

di Federica Lessi
Lello Arena porta in scena a teatro la sua rilettura di “Aspettando Godot”

Stasera appuntamento al De Filippo a Cecina con il fatalismo partenopeo

31 gennaio 2023
4 MINUTI DI LETTURA





CECINA. “Aspettando Godot” – di scena questa sera alle 21 al teatro De Filippo – prende la calata napoletana e il fatalismo della città partenopea, trasformando l’attesa nella speranza di un miracolo o di un fantomatico intervento risolutivo.

Lo spettacolo tratto da Samuel Beckett e diretto da Massimo Andrei è interpretato dalla stesso regista e da Lello Arena, che sulla scena sono Estragone e Vladimiro, due vagabondi strampalati che passano il tempo aspettando il misterioso Godot. Arena porta nel suo personaggio la forza di una poderosa capacità attoriale e delle sue radici napoletane, che da “La Smorfia” negli anni Settanta caratterizza molti suoi personaggi, dall’arcangelo Gabriele, che piombava in scena esclamando “annunciaziò, annunciaziò” al re longobardo Alboino in “Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno”, fino alle ultime apparizioni in tv.

Come nasce l’idea di questo allestimento?

«Quando c’è stata la riapertura dei teatri dopo il Covid ho pensato subito a Beckett perchè credevo fosse il momento giusto di recuperare l’aspetto sociale del teatro. Abbiamo passato una tragedia epocale, credo che tutti vogliano stare insieme, ridere, emozionarsi, anche farsi scappare la lacrimuccia, dobbiamo recuperare tutto questo che è parte del teatro. Sono contento di aver anticipato una sintonia sul pubblico, in un momento che ci porta fuori da questa tragedia».

Con il regista Andrei avete fatto scelte originali.

«Abbiamo studiato gli ultimi allestimenti di Beckett, le sue intenzioni successive al lavoro del 1953 e i suoi ripensamenti. “Aspettando Godot” ha il nome accentato alla francese dal primo allestimento, ma dopo Beckett ha sempre chiesto agli attori di mettere l’accento sulla prima “o” perché voleva che nel personaggio si sentisse la matrice della parola God (in inglese Dio, ndr) e quindi noi lo accentiamo come voleva lui, Gòdot».

E cosa c’entra con Beckett il dialetto napoletano?

«Napoli è da sempre una città destinata o addirittura condannata all’attesa, per cui è sempre in una condizione instabile, dovuta per esempio all’arrivo di una spaventosa scossa di terremoto. E’ abituata ad aspettare il miracolo del suo santo protettore, o che venga disarcionato dal trono il vecchio dittatore anche se ne dovrà sopportare uno nuovo. Il tempo a Napoli ha una sua lettura stravagante e particolare, per cui il tempo fermo e senza senso disegnato da Beckett ben si sposa con la mancanza di tempo convenzionale della mia città».

Il messaggio di Beckett è ancora attuale?

«Aspettiamo tante cose nel corso della vita, aspettando poi tutto sommato l’unica cosa di cui tutti abbiamo più paura. Ma rendere utile, fattivo e piacevole questo viaggio spetta solo a noi. Beckett dice che quest’attesa è priva di senso, noi però tendiamo a mettercelo. Capiremo che questa attesa ha un senso straordinario e inedito in questa dimensione, ma sono aggiunte, perché Beckett rappresenta l’attesa senza speranza. È riuscito a raccontare in modo molto preciso questa inquietudine che tutti sentiamo e a cui non riusciamo a dare forma, questo rende il testo immortale».

Questa napoletanità la caratterizza dai tempi de “La Smorfia” con Troisi e De Caro.

«Quella certa stravaganza e intraprendenza che ha reso famosa “La Smorfia” è presente in questo allestimento. Beckett infatti amava lavorare con i comici del vaudeville, simile al nostro varietà, lavorò con Buster Keaton e aveva adattato “Finale di partita” per Stan Laurel ed Oliver Hardy. Non ho mai nascosto la mia napoletanità, con cui ho fatto sia Brecht che Goldoni.

Non ho mai smesso di immaginare che questo tipo di teatro potesse essere fatto senza il sussiego di prenderlo sul serio. In pratica se tu parli come a casa tua con i tuoi figli e tua moglie la gente capisce che quello è uno spaccato della vita di tutti i giorni. E’ un modo di leggere le cose e raccontarle alla gente, con l’idea di essere pionieri e prendersi dei rischi, perché tutti fanno Beckett prendendosi molto sul serio, e magari pensando di passare alla storia».

Ironia e satira sono stati un sua cifra fino agli interventi in tv a “Propaganda live”.

«Quando ero piccolo mia mamma diceva quello che pensava senza ritegno, e questo mi ha sempre indispettito, l’ho sempre considerata una delle sue cose più terribili. Col tempo ho capito che è proprio un modo di attraversare la vita dicendo “pane al pane e vino al vino”. L’idea che se c’è un sopruso, qualcuno che fa il furbo o approfitta del proprio potere per dire qualcosa di non vero, bisogna farlo presente, mi viene da mia madre. Questo ti dà una libertà del quotidiano che ti impedisce di prendere troppo sul serio sia Beckett che Meloni o Salvini».

Lo spettacolo è preceduto da un incontro con la compagnia alle 18,30. Biglietti 12 euro, ridotti 10. Info 347 1303148.


 

Primo piano
Le celebrazioni

25 Aprile, piazza della Signoria gremita: Stefano Massini legge il monologo di Scurati – Video