Il Tirreno

Il partigiano buono guardia del corpo di Enrico Mattei

di DINO DINI
Il partigiano buono guardia del corpo di Enrico Mattei

Il ricordo di Rino Pachetti, rosignanese medaglia al valor militare per le campagne condotte durante la Resistenza

26 aprile 2018
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C'è una strada a Rosignano Solvay intitolata a Rino Pachetti, ma credo siano molti i concittadini, specialmente quelli delle generazioni più giovani, che ignorano in maniera assoluta chi fosse questo personaggio che invece è della massima importanza e fu tra l'altro insignito della medaglia d'oro al valor militare per la sua partecipazione alla lotta partigiana della regione Lombardia negli anni della resistenza fra il 1943 e il 1945.

Pachetti nacque a Livorno da Ezio e Annunziata Luschi il 15 febbraio 1913 e morì a Rosignano Marittimo il 19 gennaio 2000 all'età di ottantasette anni dopo una vita quanto mai movimentata. Il giovane Pachetti non se la diceva molto con l'insegnamento scolastico e dopo la scuola dell'obbligo abbandonò libri e quaderni. All'età di diciotto anni andò a fare il servizio di leva e nel 1935 fu in Africa Orientale con il reggimento del Genio Ferrovieri. Grazie a questa esperienza a ventitré anni fu assunto come operaio meccanico e fochista presso il Compartimento Ferroviario di Milano. Fin dal 1939, in pieno regime fascista, il giovane ventiseienne toscano entrò a far parte del movimento clandestino nel Partito d'Azione. Subito dopo il 10 giugno del 1940, data d'inizio della seconda guerra mondiale, Pachetti fu richiamato ma riuscì a farsi esonerare dal servizio militare ed entrò a far parte di quello civile. Dall'8 settembre '43, quando fu dichiarato l'armistizio, iniziò la sua attività di partigiano combattente prendendo parte ad un'azione di resistenza contro i tedeschi presso la stazione centrale di Milano. Nello scontro riporta la sua prima ferita. In seguito subirà ancora ben sette altri ferimenti di cui alcuni molto gravi. Durante la guerra partigiana organizza e comanda la formazione San Salvatore nella zona Erba-Lecco-Como. Catturato dai tedeschi fu condannato a morte ma riuscì ad evadere durante la degenza in ospedale. Sulla sua testa pesava una taglia di cinquecentomila lire, cifra altissima per quell'epoca. Fu arrestato una seconda volta ma ancora egli evase di nuovo portando con se un compagno ferito.

L'ho conosciuto nel 1960 quando frequentavamo il famoso bar Norge di Rosignano Solvay. Si intratteneva spesso con noi più giovani narrando i vari episodi della sua vita di combattente. Una sera ci raccontò come si era guadagnato la medaglia d'oro al valor militare per le campagne condotte da partigiano nell'Alta Lombardia. Con quel suo compagno ferito per sfuggire ai tedeschi si era rifugiato in una soffitta di una grande villa vuota sul lago di Como. Mi ricordo che con molta modestia ci disse: «Quella volta io non volevo fare l'eroe, ma lo diventai quasi per forza». Infatti così proseguiva il suo racconto. Nel frattempo una pattuglia di soldati tedeschi occupò tutto il piano terra della villa e nel grande salone furono approntate le brande per trascorrere le notti ed in tal modo i due partigiani rimasero bloccati nella soffitta sovrastante per diversi giorni. Il compagno ferito poco dopo spirò nelle sue braccia ed egli rimase solo senza cibo né acqua in quella sua forzata prigionia. Non potendo più resistere in quella così scomoda situazione, una notte decise di imbracciare i due mitra, il suo e quello del compagno, aprì la botola, scese all'improvviso nella stanza dove dormivano alcuni soldati tedeschi e con una serie di sventagliate li fece tutti "fuori". Quella villa per il comando germanico era una posizione molto importante e quando i partigiani arrivarono per espugnarla trovarono l'impresa già bella e compiuta da lui solo. Nel 1945 fu chiamato a comandare il primo settore operativo nel territorio dell'Alto novarese. In quello stesso periodo riuscì ad organizzare persino un ufficio stampa e propaganda con la pubblicazione di due giornali locali.

Il primo dopoguerra lo vede impegnato alla Questura di Milano presso la polizia ferroviaria e nel 1950 fu promosso al grado di maggiore dei partigiani. Più tardi diventa l'uomo di fiducia e guardia del corpo di Enrico Mattei all'ENI. Nel 1962 quando Mattei salì sull'aereo che poi sarebbe tragicamente caduto nella zona di Pavia anche Pachetti avrebbe dovuto prendere quel volo, ma per una pura e fortunata combinazione fu costretto a rinunciare al viaggio che avrebbe segnato la fine anche per lui. Il sindaco di Milano Aniasi nel 1973 con una bella cerimonia gli consegnò l'Ambrogino d'oro che rappresenta la più alta onorificenza della città. Dopo essersi trasferito da Milano a Rosignano Solvay con la moglie Piera Gattini dalla quale ebbe il figlio Enrico dette anche un bel contributo alle vicende del nostro comune in quanto dal 1970 al 1975 fu consigliere comunale nelle file della Democrazia Cristiana.

La strada che è stata dedicata alla sua memoria, come partigiano medaglia d'oro al valor militare, fu inaugurata l'11 luglio del 2010 dal sindaco Alessandro Franchi alla presenza delle autorità fra cui Giacomo Luppichini dell'Anpi e il vicecomandante della Brigata Folgore colonnello Ribezzo. La motivazione della decorazione che Rino si guadagnò sul campo si conclude con questa frase: «Schietto, buono, modesto e valoroso era sempre di esempio costante ai compagni di lotta e veniva ricordato, nella zona di Milano, come una delle più belle figure di combattente partigiano».

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