Il Tirreno

L’inchiesta

Cecina, morta a 24 anni: Martina e il sospetto della dose letale – Gli incontri con Dridi, le telefonate e il video nel bar prima della tragedia

di Stefano Taglione

	Martina aveva 24 anni
Martina aveva 24 anni

La Procura chiede sei anni per un 42enne tunisino che le avrebbe spacciato la droga: nelle immagini registrate all’interno di un locale i minuti fatali prima dell’arrivo dei soccorsi

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Avrebbe spacciato una dose letale di eroina a una ragazza, provocandone la morte a soli 24 anni. La procura ha chiesto sei anni di reclusione per il quarantaduenne tunisino Dridi Bechir, a processo per morte in conseguenza di altro reato e detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti dopo il decesso di Martina Bono, un «angelo innocente», come la descrivono su Facebook i tanti amici che ogni 21 febbraio, nel giorno del suo compleanno, le fanno gli auguri sperando che quelle frasi la raggiungano in cielo. La donna è scomparsa il 26 agosto del 2021 lasciando nel gelo più totale tutta la sua famiglia e i tantissimi amici, parenti e conoscenti. Fra qualche settimana la giudice Martina Graziani, per chiarire quanto accaduto esattamente quel giorno, pronuncerà la sentenza.

Lo spaccio

Bechir - difeso dall’avvocata livornese Alessandra Natale - è accusato anche di aver ceduto a un cecinese «in almeno 20 occasioni e in cambio di denaro - è ciò che gli addebita la procura, con il pubblico ministero titolare dell’inchiesta Pietro Peruzzi - eroina per 20 euro a volta dall’ottobre al giugno del 2021», mentre a un altro suo concittadino «cinque dosi della stessa sostanza fra il 2020 e il 2021 al prezzo di 15-20 euro a volta». Sempre secondo l’accusa il quarantaduenne, che abita a Cecina, avrebbe venduto «cocaina in due occasioni, per 20 euro a volta» a una donna fra il 2019 e il 2020. Infine, «con cadenza quotidiana per almeno tre mesi», eroina e talvolta cocaina, «per 0,25 grammi ogni volta in cambio di 20 euro», a un’altra cittadina cecinese.

La tragedia

In almeno due diverse occasioni, inoltre, avrebbe spacciato eroina «in quantità imprecisata» proprio a Martina. Ed è la procura che mette in correlazione la morte della ventiquattrenne, avvenuta per «intossicazione acuta da eroina», si legge nel referto sanitario, con lo spaccio di droga per il quale è imputato il quarantaduenne di origine nordafricana, ma da tempo in Italia. Purtroppo i medici, il giorno in cui ha avuto il malore, non hanno potuto fare niente per salvare la donna. I genitori della ragazza, assistiti dall’avvocato livornese Nicola Giribaldi, si sono costituiti parte civile.

La testimonianza

«Dalle telecamere del bar Nazionale e da quelle comunali di Cecina vediamo, alle 20,16 del 26 agosto, Martina chiedere le chiavi ed entrare nel bagno del locale. Alle 20,35, invece, nella toilette entra un uomo, che poi identificheremo in Dridi Bechir. Sempre dalle immagini, un quarto d’ora dopo, si notano i soccorsi dei volontari dell’ambulanza, con la ragazza che viene assistita inizialmente sul posto dal medico del 118 e poi, purtroppo, morirà alle 21,48 in ospedale». È stata la testimonianza, nel corso del processo, di un poliziotto del commissariato cecinese intervenuto quella sera. Per le indagini, infatti, sono stati poi delegati gli stessi agenti della polizia di Stato. «Noi siamo stati chiamati dopo il decesso, alle 22,07 - le sue parole - e ci siamo diretti con una volante al pronto soccorso di Cecina, dato che ci aveva avvertito il medico di turno. Qualche giorno dopo, su delega della procura, abbiamo sequestrato il cellulare della ragazza e, dopo la perquisizione dell’appartamento dove abitava insieme alla nonna, anche una borsa con all’interno delle siringhe. La madre della vittima, invece, ci ha indicato un sacchetto della spazzatura dove quella sera sarebbero state gettate altre siringhe usate, fialette e altro materiale, che è stato sequestrato. Lo abbiamo trovato su un muretto della casa di quest’ultima (probabilmente era stato portato lì da qualcuno ndr)». Il telefonino di Martina, acquisito dagli inquirenti per analizzare le ultime telefonate fatte e ricevute, si trovava in uno zainetto, anch’esso acquisito dal sostituto procuratore Peruzzi. «L’ultima chiamata di Bono - ripercorre il poliziotto - è delle 19,55 (un’ora prima dei soccorsi ndr) e la destinataria è un’amica, che abbiamo identificato». L’analisi dei video della serata, messi a disposizione dal titolare del bar Dario Mugnai, unite a quelle pubbliche, hanno poi portato nell’ottobre successivo all’identificazione di Bechir. «Dalle immagini del circuito di sorveglianza - ancora le parole dell’agente - vediamo l’imputato transitare varie volte nei pressi del locale con il cellulare in mano. Per la prima, nei video, appare alle 20,35 e quando torna indietro viene inquadrato con il telefonino in mano. Abbiamo analizzati i filmati per monitorare i movimenti di Martina prima della tragedia, dato che le telecamere inquadravano i tavoli esterni del bar Nazionale».

La sentenza attesa

Fra pochi giorni, nel tribunale livornese di via Falcone e Borsellino, se non ci saranno imprevisti arriverà la sentenza: assoluzione o colpevolezza per Bechir, che è l’unico imputato per questa tragedia.

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