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L'inchiesta

«Non ho più i soldi, né la casa». Ecco come funzionava il sistema dei raggiri immobiliari a Livorno

di Stefano Taglione
«Non ho più i soldi, né la casa». Ecco come funzionava il sistema dei raggiri immobiliari a Livorno<br type="_moz" />

Il piano dell’agente 56enne Riccardo Manzi: più caparre incassate per affittare un appartamento a 700 euro al mese ad Ardenza

26 aprile 2024
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Livorno Il caso più emblematico, secondo la procura, non è una truffa. Ma un’appropriazione indebita. Un appartamento ad Ardenza, sempre lo stesso, che sarebbe stato mostrato a una platea di potenziali affittuari e pure a una persona interessata ad acquistarlo. Che effettivamente, per andare a vivere in via Oreste Franchini, era pronta a investire 250.000 euro. Tanto da versarne 15.000 come cauzione. Soldi che, purtroppo, non ha mai più rivisto. «Nel maggio del 2023 – si legge nell’ordinanza interdittiva firmata dal giudice per le indagini preliminari Mario Profeta – l’agente immobiliare, incontrando in un bar la moglie della persona che aveva fatto il bonifico, le aveva riferito di non avere più la disponibilità dell’immobile, né del denaro a titolo di cauzione. Si era impegnato a restituire 6.000 euro (6.000 in meno ndr)».

Le accuse

L’agente immobiliare è il cinquantaseienne livornese Riccardo Manzi, indagato per una serie di truffe (oltre all’appropriazione indebita da 15.000 euro) legate alla sua attività di intermediazione immobiliare. Fra il 2022 e l’anno scorso – risalgono a questo periodo i presunti raggiri, 32 secondo gli inquirenti – era amministratore dell’agenzia immobiliare “Gruppo Assitalia di Riccardo Manzi e Alessandro Acampora snc” di piazza Attias e titolare di “Assitalia Group di Riccardo Manzi” di via delle Grazie e avrebbe incassato le caparre delle persone interessate ad affittare i due immobili (oltre a quello di Franchini, che è di suo padre, pure un altro di via Marradi di cui la sua agenzia aveva il mandato esclusivo per la vendita) senza quasi mai restituirle, dato che solo in alcuni casi erano stati restituiti parte degli importi ricevuti in contanti o via bonifico. Per questo, il gip, lo ha interdetto per sei mesi dall’attività, sequestrandogli – oltre alla porzione di proprietà del padre della casa di Ardenza – pure 46.850 euro «da ricercare nella sua disponibilità». Di questa somma, 138,87 euro sono stati già individuati, 46.711,83 ancora no. Stando alla tesi accusatoria, oltre al caso dell’appropriazione indebita, Manzi avrebbe truffato 31 persone: per 24 di queste (19 hanno querelato, cinque no, ma la procura ha avviato gli accertamenti d’ufficio ndr) viene chiamato in causa in concorso con il suo socio Alessandro Acampora (pisano di 56 anni), mentre per le altre sette da solo (cinque querele, per le altre due – scrive la procura – «si ritiene di non dover procedere, non potendosi contestare in concreto la truffa aggravata»). Le indagini su di lui riguardano, quindi, un’appropriazione indebita e 29 truffe aggravate: durante l’interrogatorio di garanzia Manzi, difeso dall’avvocato Alessandro Zarra, si è avvalso della facoltà di non rispondere. Mentre Acampora, che non avendo alcuna misura interdittiva a suo carico non è stato ancora ascoltato, attraverso il legale Massimo Tuticci, al Tirreno, si è detto estraneo a tutte le accuse.

Il modus operandi

«Tutte le 29 persone risultate vittima di condotte fraudolente – scrive il giudice nel decreto di sequestro preventivo dell’appartamento di via Franchini – hanno fornito la medesima versione dei fatti. Interessate alla locazione, erano entrate in momenti diversi in contatto con Manzi, che aveva loro proposto la locazione dell’immobile, chiedendo una caparra di 1.200 euro, da loro rilasciata, poi convinte di dover stipulare il contratto. Erano rimaste in attesa e, quando avevano cercato l’agente immobiliare, non lo avevano più rintracciato, perdendo la caparra». Un canone vantaggioso, in zone appetibili (700 euro al mese ad esempio per Ardenza). Questo aveva spinto le persone, la maggior parte delle quali straniere, a sborsare i soldi. Che non hanno quasi mai rivisto, in alcuni casi infatti sono stati restituiti solo parte degli importi elargiti. «La misura interdittiva avrà una durata di sei mesi – scrive il giudice – il tempo necessario per ricostruire anche meglio i fatti e per evitare che le condotte già contestate si riproducano, utilizzando non solo la facciata di immobiliari più o meno vere, ma le potenzialità offerte dalla rete che consente di pubblicizzare proprio iniziative, anche senza una particolare logistica e vetrina. C’è il rischio concreto e attuale che il reato venga portato a ulteriori conseguenze, con il consolidamento del profitto da parte dell’indagato e con un ulteriore danno per le persone offese, esposte al rischio di dispersione delle somme bonificate». l

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