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Davide Buglio, missione compiuta «Che gioia conquistare la serie B»

di Massimo Guidi
Davide Buglio, missione compiuta «Che gioia conquistare la serie B»

Il calciatore viareggino, figlio dell’allenatore del Real Forte Querceta, è uno dei perni del centrocampo della Juve Stabia che ottiene la promozione con tre turni di anticipo

11 aprile 2024
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VIAREGGIO. Nella famiglia Buglio mancava solo lui ad esporre un trofeo nella bacheca dei successi di famiglia. Papà Francesco, da allenatore, aveva portato due campionati di serie D con Viareggio e Aglianese (oltre una promozione in C/1 con il San Marino) e il fratello Angelo, da calciatore, quattro campionati, dall’Eccellenza alla C/2 con Viareggio, Alessandria, Pistoiese e Pavia. Per la verità Davide un titolo (nazionale) lo aveva vinto tanti anni fa con i giovanissimi dell’Inter ma nel calcio dei grandi doveva ancora fare festa. Che è arrivata lunedì sera sul prato del "Vigorito" di Benevento quando il 26enne viareggino ha potuto gioire con i compagni della Juve Stabia, guidata dal tecnico (cecinese) Guido Pagliuca, che con tre turni di anticipo ha vidimato il biglietto per il treno che porta in serie B, al termine di una stagione dominata fino dalle prime battute. Un successo vissuto da protagonista perché Davide è stato uno dei perni del centrocampo delle “Vespe” dove ha portato forza fisica e sagacia tattica (oltre a un buon bottino di assist: sei), doti messe in mostra fino da bambino quando iniziò a tirare i primi calci nella Croce Verde di Viareggio per poi passare nelle giovanili di Inter ed Empoli con il quale vanta cinque panchine tra A e B quando non aveva ancora compiuto venti anni. Poi le stagioni, tutte in serie C, con Arezzo, Padova, Monterosi e Siena fino ad approdare a Castellamare di Stabia.

Davide, quali emozioni ha provato al termine della gara di Benevento?

«Non si può descrivere. Abbiamo passato l’ultimo minuto a guardare l’arbitro e capire quando avrebbe fischiato e, quando è finita, non ci potevo credere. Sono scoppiato a piangere e mi sono buttato a terra. È stata una gioia indescrivibile, ancora devo realizzare».

Ha sempre creduto che la sua squadra potesse vincere il campionato?

«Assolutamente no, nei piani iniziali era inimmaginabile una cosa del genere. Era programmata una salvezza, al massimo i playoff. Alla fine siamo stati primi in classifica per tutto il campionato. A dicembre quando eravamo a più sette sulle inseguitrici abbiamo iniziato a guardarci e dire che forse ci potevamo riuscire. E la consapevolezza di essere un gruppo fenomenale ha fatto il resto».

Quanto ha inciso l’apporto di una tifoseria tanto appassionata?

«C’è stato subito un feeling fino dalla prima partita. Penso che i tifosi abbiano apprezzato il nostro sudare per la maglia. Poi vincere aiuta e con il passare delle giornate sono stati sempre più presenti e numerosi. Al “Menti” non abbiamo mai perso a dimostrazione che sono stati un fattore importante».

Pagliuca è un tecnico bravo e che sa toccare le giuste corde dei giocatori. Cosa ha appeso da lui in questa esperienza?

«Pagliuca è un lavoratore, un motivatore, riesce sempre a farti trovare quell’appiglio, quella motivazione che ti fa dare il 120%. Tanto merito del successo è del mister».

Rispetto agli altri campionati disputati le manca solo il gol. Spera di realizzarlo prima della fine del torneo?

«Mi prendono in giro perché è il primo anno che non sono riuscito ad andare in gol, ma a questo punto se all’inizio mi avessero detto finisci con zero reti e zero assist ma vinci il campionato avrei messo la firma tutta la vita».

È il suo primo successo in un campionato professionistico. A chi lo vuole dedicare?

«Sicuramente alla mia famiglia che quest’anno è stata lontana come non mai. Sono tornato a casa solo una volta. Poi ad Agnese, la mia ragazza, che mi segue da sette anni e finalmente ci siamo presi una bella soddisfazione».


 

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