Il Tirreno

Toscana

La tragedia in campo

Morte di Mattia Giani, la mamma di un compagno di squadra: «Medico assente e defibrillatore non usato, poteva essere salvato»

di Matteo Leoni e Ilenia Reali

	Lo striscione dedicato a Mattia Giani (foto in alto) allo stadio di Livorno dove c'è una gradinata intitolata a Morosini 
Lo striscione dedicato a Mattia Giani (foto in alto) allo stadio di Livorno dove c'è una gradinata intitolata a Morosini 

Campi Bisenzio, sui soccorsi al 26enne del Castelfiorentino versioni divergenti tra famiglia e Lanciotto. La madre di un compagno di squadra della vittima ha deciso di raccontare cosa è successo: «Ero sugli spalti, sono pronta a parlare coi magistrati». La Procura apre un fascicolo

16 aprile 2024
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FIRENZE. «Eravamo in tanti sugli spalti. Siamo un bel gruppo a seguire la squadra del Castelfiorentino. E tutti abbiamo visto quello che è accaduto». Comincia così il racconto di Francesca Sabatini, 50 anni, impiegata di Santa Croce e mamma di uno dei ragazzi in campo domenica a Campi Bisenzio, dove è rimasto vittima di un malore il 26enne Mattia Giani. Per due giorni non ha parlato. Poi ieri alle 21,09 arriva una mail in redazione. È il racconto di una testimone. Preciso, meticoloso, appassionato. Dà subito il numero di telefono per rintracciarla. «È tornata mia figlia, mi ha chiesto se avessi visto il post di Sofia, la fidanzata di Mattia. Non l’avevo fatto. L’ho letto e poi ho visto le dichiarazioni del Lanciotto in cui sostenevano che c’era un medico in campo». «No, non potevo tacere. Mattia non lo merita. Poteva esserci mio figlio al suo posto. Non lo merita la sua famiglia. Per questo vi racconto come sono andate le cose. E sono pronta a riferire tutto alla procura. Mio padre mi ha insegnato che non si deve aver paura se diciamo la verità».

Il racconto della testimone

«Il medico non c’era», dice Sabatini. «Mattia ha tirato il pallone e si è accasciato. Si sono accorti i ragazzi in campo che era una cosa seria. Il nostro massaggiatore è sceso in campo, ha cominciato a fare il massaggio cardiaco. Alcune persone che erano dentro, immagino dei dirigenti del Lanciotto visto che non li conosco e non erano i nostri, hanno cominciato a chiedere rivolti alla tribuna se ci fosse un medico. Una ragazza, che poi ho saputo non essere ancora medico (ha trascorso tutto il giorno in ospedale con noi) si è alzata ed è andata in campo. E ha cominciato a fare il massaggio cardiaco. Si capiva che sapeva dove mettere le mani. Il massaggio è andato avanti per un po’».

Dopo qualche minuto è arrivato un uomo del Lanciotto correndo, teneva il defibrillatore. A questo proposito la donna scrive: «Era in mano a persone che non avevano idea neanche di come funzionasse. Poi è arrivata una prima ambulanza, dopo una seconda con il medico che ha portato Mattia in ospedale. «Non me la sento di parlare dei tempi dei soccorsi, per me è passata un’intera giornata. Ma se Mattia poteva essere salvato, questa chance non gli è stata data».

La Procura apre un fascicolo

Dovrà essere la procura a chiarire i punti oscuri nei momenti concitati che sono seguiti al malore risultato fatale a Mattia Giani, l’attaccante del Castelfiorentino United colpito da arresto cardiaco domenica scorsa durante la partita con il Lanciotto. Nel resoconto dei fatti emergono, se non delle contraddizioni, quantomeno della situazioni da chiarire, sulle quali adesso si è puntata anche l’attenzione della procura di Firenze. Sul caso l’ufficio diretto da Filippo Spiezia ieri ha infatti aperto un fascicolo cosiddetto “a modello 45”, ossia per il momento senza indagati né ipotesi di reato. Per questo pomeriggio a Careggi era stato fissato il riscontro diagnostico – un esame disposto dall’ospedale per fare luce sulle cause della morte – che è stato sospeso, in attesa che la procura disponga l’autopsia. Il padre del ragazzo, che ha assistito alla scena, ieri pomeriggio era in caserma dai carabinieri per dare la sua versione dei fatti. Quanto da lui dichiarato è adesso al vaglio degli inquirenti.

Le presunte carenze nei soccorsi

Dal racconto del padre del calciatore, Sandro Giani, emergerebbero presunte carenze nei soccorsi. La presenza o meno di un medico nell’impianto sportivo Ballerini di Campi, già Giani aveva escluso ci fosse, l’utilizzo del defibrillatore automatico: sono due dei nodi che restano da sciogliere nel tragico racconto di ciò che è accaduto domenica scorsa.

Secondo fonti sanitarie, il tentativo di rianimazione su Giani sarebbe avvenuto circa cinque minuti dopo l’evento, grazie a qualcuno sceso in campo dalla tribuna, secondo i testimoni. Le dichiarazioni rese note dal Lanciotto al nostro giornale nella giornata di lunedì scorso – dopo le quali la società ha poi scelto il discutibile silenzio stampa – lasciano aperti invece scenari diversi: «Il ragazzo è caduto a terra mentre c’era la partita. Sono arrivati subito i soccorsi, c’era anche del personale specializzato, tra cui due infermieri e un medico che è intervenuto col nostro defibrillatore. Hanno provato a stabilizzarlo, a fargli il massaggio cardiaco, tutte le cose che si fanno in questi casi. Poi dopo circa dieci minuti è arrivata l’ambulanza e lo hanno portato all’ospedale».

Le versioni contrastanti

Una versione che cozza con quella data dal padre di Mattia e da Francesca Sabatini. «I massaggiatori delle due squadre – ha raccontato Sandro Giani – hanno tentato le prime manovre di rianimazione». Poi c’è la questione del defibrillatore. Secondo quanto affermato da Sandro Giani a Il Tirreno, «a un certo punto ho visto un defibrillatore che era in dotazione al campo sportivo, ma non c’era nessuno che sapeva utilizzarlo». La presenza del defibrillatore sembra essere stata accertata, ma resta da chiarire per quale motivo non sia stato impiegato, o comunque perché non sia stato utilizzato subito ma solo in un secondo momento. Quesiti su cui la procura, che dopo l’esposto del padre adesso ha aperto un fascicolo sul caso, dovrà cercare di fare luce. La prima ambulanza arriva meno di dieci minuti dopo il malore, alle 15,24 circa. Meno di mezz’ora dopo, intorno alle 15,45, il calciatore, che non è in grado di respirare autonomamente, viene stabilizzato sul posto grazie all’aiuto dei macchinari sanitari. Intorno alle 16 l’arrivo nella sala rossa del pronto soccorso di Careggi, la “shock room” dotata di apparecchiature tecnologicamente avanzate e dedicata al trattamento dei pazienti particolarmente critici. Per ore i medici tentano di salvare la vita a Mattia Giani, ma la mattina successiva si devono arrendere.

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