Lo sport entra nella Costituzione. Ma non basta
Gli effetti della riforma legati a come la classe politica si rapporta con la Carta
Tra gli osanna di ogni parte politica, il Parlamento ha approvato una nuova legge con cui è stato modificato l’articolo 33 della Costituzione.
Al testo attuale è stato aggiunto un comma per cui “La Repubblica riconosce il valore educativo, psicofisico e di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva in tutte le sue forme”. “Un passaggio storico per il sistema sportivo nazionale e per l’Italia”, ha commentato il governo, e scusate se è poco.
Confesso che sono un po’ prevenuto di fronte a dichiarazioni roboanti e che promettono futuri radiosi: e forse ciò mi condiziona nel giudicare con obiettività questa innovazione. Che potrebbe essere valutata su più piani: su ciò che dice e su ciò che non dice; sugli altri temi che – a differenza dello sport – non vengono considerati meritevoli di una riforma costituzionale; sul contesto in cui la modifica è inserita, e così via.
Parto da una considerazione: osservava la senatrice Liliana Segre «che se le energie che da decenni vengono spese per cambiare la Costituzione – peraltro con effetti modesti e talora peggiorativi – fossero state impiegate per attuarla, il nostro sarebbe un Paese più giusto e anche più felice». Parole (laicamente) sante, che inducono a sospettare che l’impegno che il Parlamento mette nell’intervenire sulla Costituzione (l’ultima volta era stata introdotta la tutela delle isole, per coloro cui fosse sfuggito) non sia almeno pari all’impegno che dovrebbe mettere nel leggere la Costituzione, e cercare di prenderla sul serio.
Detto questo, vediamo il senso della novità costituzionale. Lo sport viene valorizzato, si legge, per tre funzioni che esso – si ritiene – svolge: quella educativa, quella sociale e quella di promozione del benessere psicofisico. Soprattutto la prima funzione sembra valorizzata dalla riforma, essendo il comma in questione inserito all’interno dell’articolo della Costituzione che si occupa di arte, scienza, scuole, università: si era discusso, nel corso del dibattito parlamentare, di inserirlo invece nell’articolo dedicato alla salute (articolo 32), ma l’ipotesi era stata abbandonata in quanto avrebbe accentuato solo una delle varie dimensioni e funzioni dello sport.
Nessun dubbio che le tre dimensioni indicate siano proprie dell’attività sportiva. Si può ragionare, magari, se questo valga per l’attività sportiva “in tutte le sue forme”: evito di fare esempi al riguardo, per non incorrere nelle ire dei praticanti di questa o quella disciplina sportiva, ma certo un problema di identificare cosa è “sport” e cosa non lo è forse esiste, come anche di valutare se tutte le attività sportive siano finalizzate a promuovere il benessere psicofisico. E se qualcuna non lo fa, non è più sport?
Ma al di là di tutto ciò, la domanda fondamentale dovrebbe essere: cosa cambierà con questa riforma?
Nessuno ora può dire, dipenderà da tanti fattori. Bisognerebbe, in particolare, che la classe politica prendesse sul serio la Costituzione e ciò che in essa vi è scritto, e adottasse politiche coerenti e adeguate: come dovrebbe fare per il diritto al lavoro, alla salute, all’abitazione, all’assistenza, ecc. ecc.
© RIPRODUZIONE RISERVATA