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La testimonianza

Vivere con la sindrome dell’ovaio policistico: «Odiavo il mio corpo»

di Sara Corsi*
Vivere con la sindrome dell’ovaio policistico: «Odiavo il mio corpo»

La testimonianza di una ragazza di 16 anni: dal dolore all’accettazione della malattia

20 marzo 2023
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La policistosi ovarica o sindrome di Stein-Leventhal, conosciuta comunemente come sindrome dell’ovaio policistico (Pcos), è uno dei più complessi e ricorrenti disordini endocrini che colpisce circa il 5-10% delle donne in età fertile, cioè quel periodo compreso tra la comparsa della prima mestruazione e la menopausa.

In tale disturbo l’ovaio appare ricoperto da numerose piccole microcisti disposte lungo la superficie esterna. Causa notevoli effetti sulla salute della donna sul piano metabolico e riproduttivo ed è caratterizzata da: disfunzione della fase ovulatoria, irregolarità o assenza per più mesi del ciclo mestruale, alterazioni endocrinologiche e metaboliche (come l’iperandrogenismo, la resistenza all’insulina e iperinsulinemia), ingrossamento delle ovaie, acne, irsutismo, alopecia androgenetica e, in caso di complicazioni, può portare a lungo termine alla comparsa di diabete di tipo 2, tumore dell’endometrio o malattie cardiovascolari.

La diagnosi di sindrome dell’ovaio policistico viene svolta al cospetto di due dei tre seguenti criteri: disfunzioni ovulatorie, iperandrogenismo e ovaie policistiche all’ecografia pelvica.

Il trattamento della sindrome dell’ovaio policistico varia a seconda del quadro clinico della paziente e dalle diverse problematiche che può presentare. Ad esempio per l’acne, l’irsutismo e le irregolarità mestruali è consigliata l’assunzione di una pillola anticoncezionale contenente estrogeni e progesterone, mentre per le pazienti che desiderano avere una gravidanza vengono prescritte terapie specifiche che cercano di indurre l’ovulazione e migliorare il quadro metabolico. Nelle donne affette da tale sindrome è inoltre consigliato avere un peso corporeo sotto costante controllo, una dieta equilibrata affiancata da costante esercizio fisico ed eliminare il fumo di sigaretta e la consumazione di alcolici.

Era un caldo pomeriggio di luglio quando, dopo una visita ginecologica che non sembrava promettere nulla di strano in serbo per me, mi è stata diagnosticata questa sindrome.

Nei mesi successivi, tra le numerose medicine che mi erano state prescritte e che dovevo assumere, mi sono sentita costantemente sbagliata, maledicendo il mio aspetto, il mio corpo e questa sindrome che non mi faceva amare me stessa tanto quanto ognuno di noi dovrebbe fare.

Per mesi ho combattuto con quella piccola e noiosa vocina nella mia testa che mi fece credere di non essere abbastanza e che mi portava a ripudiare con odio il mio aspetto esteriore, che sentivo continuamente osservato e giudicato dagli occhi altrui, persino quelli familiari.

Ho avuto la grande fortuna di avere accanto a me delle persone che mi sono state sempre vicine in quel momento difficile, che mi hanno supportata in ogni momento del mio percorso e amata anche quando io stessa non riuscivo a farlo. Non credo che riuscirò mai a ringraziare abbastanza quelle persone che sono state per me fondamentali in un periodo molto difficile nell’accettare me stessa.

Auguro a chiunque stia leggendo di trovare tutto questo amore e supporto da parte degli altri e concludo invitando tutte le donne e le giovani donne come me che stanno leggendo questo articolo ad amare voi stesse anche quando vi sembra impossibile o troppo doloroso.

Anche se in questo momento vi sembra di essere avvolte da troppa sofferenza, prometto che non sarà così per sempre, con il passare del tempo tutto migliora e tutto il dolore che avete provato e che è sembrato così acuto diventerà solo un brutto ricordo.

*Studentessa di 16 anni del liceo delle scienze umane Rosmini di Grosseto
 

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