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Il sociologo Panarari: la corsa solitaria di Renzi può dare problemi al Pd

Il sociologo Panarari: la corsa solitaria di Renzi può dare problemi al Pd

Sul rigassificatore di Piombino dice: «Un fenomeno che ci racconta la sindrome strutturale Nimby, le opere vengono decise al centro e collocate nelle periferie, poi le comunità si oppongono»

06 agosto 2022
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«Sarà una campagna elettorale contrappositiva, molto giocata sulla delegittimazione, anche alla luce della rapidità in cui siamo precipitati in questa fase. Basata sulla richiesta di un voto contro, più che di un voto per, in linea con le tendenze degli ultimi anni». A tratteggiare il quadro è il professore di Sociologia della comunicazione all’università Mercatorum di Roma, Massimiliano Panarari, attento osservatore delle dinamiche politiche. La più vistosa è il passaggio della Toscana da regione rossa a contendibile. «Le subculture politiche si sono sciolte nel 2013. Il fatto che la destra governi la maggioranza delle province regionali dimostra la volubilità e la mobilità dell’elettorato. L’eccezione toscana è rientrata, la regione è diventata terreno di mode e ondate politiche intermittenti. La presenza del centrosinistra resiste ai cambiamenti, ma è una sorta di cultura politica “passata”. C’è poi il nodo dell’astensionismo: le mode impattano più delle tradizioni, perché il votante fidelizzato sceglie, per delusione magari, di non confermare il proprio voto o di sposare la nuova moda per protesta. Se ci sarà un’affermazione forte del centrodestra, non ci sarà da stupirsi». Ormai conta «soprattutto la credibilità singola del candidato, dal parlamentare fino al sindaco, c’è il tema del buongoverno».

Quindi il segretario del Pd, Enrico Letta, ha fatto bene a scommettere sui sindaci dem? «È un tema ricorrente nel Pd per sottolineare la distanza tra Roma e i territori visto che il partito è stato storicamente centralista. E poi i sindaci sono diventati personaggi mediatici, in grado di catalizzare il consenso. Questa valorizzazione è logica e Letta ne ha bisogno, avendo una corrente tradizionalmente minoritaria, per costruire un asse con loro e ritagliarsi un ruolo nel risiko delle correnti».

Sulla prospettiva di una corsa solitaria di Iv nel suo ex feudo, Panarari chiarisce: «È un paradosso visto che è Renzi che ha lanciato il Rosatellum. Alla fine non ha strappato accordi ed è mal visto da larga parte del centrosinistra ma soprattutto degli elettori e questo è il suo grande problema. Nonostante questo, però, potrebbe dare qualche grattacapo al Pd. La scelta di candidare i big del partito avviene per due motivi: concentrare la potenza di fuoco su un territorio dove la presenza era pervasiva, l’altra è “muoia sansone con tutti i filistei”, essere dei guastatori per mostrare quanto Renzi avrebbe potuto essere decisivo se coinvolto». Con conseguenze magari sulla stabilità degli equilibri di maggioranza regionali. «Secondo me, può convivere la geometria variabile evocata da molti perché alla fine l’elemento centrale è il potere, terremotare delle istituzioni, senza volerlo, è autolesionistico e controproducente».

Infine c’è il tema del rigassificatore che ha spaccato tutti i partiti. «Un fenomeno che ci racconta la sindrome strutturale Nimby, le opere vengono decise al centro e collocate nelle periferie, poi le comunità si oppongono. È un tema gigantesco che non è mai stato affrontato con forza in Italia dove il M5S ha costruito una fetta importante di consenso su questo. Bisogna superare la logica centralista e dare forma a modalità collaudate di consultazione e compensazione per evitare tensioni su opere importanti».

 

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