Il Tirreno

L’intervista

Max Angioni in Toscana: lo show, il rapporto con Paolo Ruffini e il sogno di una casa speciale

di Luca Trambusti
Max Angioni in Toscana: lo show, il rapporto con Paolo Ruffini e il sogno di una casa speciale

Firenze, Grosseto e Montecatini ospitano lo spettacolo “Anche meno”: «Parlo di terapia, di educazione sessuale, di vita e morte, di lutto, con il fil rouge della mia insicurezza»

07 maggio 2024
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La popolarità di Max Angioni è arrivata dal piccolo schermo, pur con una preparazione teatrale alle spalle. Il primo ricordo di lui è del 2021, nel cast di Zelig C-Lab su Comedy Central e con il secondo posto a Italia’s Got Talent nello stesso anno.

Nel 2022 partecipa a “Le Iene” e a “LOL”. Oltre alla tv Max Angioni, comasco, classe 1990, sale sui palchi dei teatri con “Miracolato”, il primo spettacolo che lo vede in scena dall’aprile del 2022 sino a settembre 2023.

Nel 2024 torna in tournée con “Anche Meno”, un nuovo spettacolo di stand up comedy con cui approda in Toscana per tre date: domani, l’8 maggio, al Teatro Cartiere Carrara (ex Tuscany Hall) di Firenze, il 9 al Teatro Moderno di Grosseto e il 10 al Teatro Verdi di Montecatini. Lo spettacolo è prodotto da Vera produzioni, l’agenzia fondata dall’attore livornese Paolo Ruffini.

Che spettacolo è “Anche Meno” e qual è la differenza con “Miracolato”?

«Sono entrambe stand up comedy. Se “Miracolato” raccontava il mio quotidiano, dell’Italia, dei rapporti con i miei genitori, “Anche meno” affronta il momento che sto vivendo, una crisi esistenziale e ridimensiona le cose che mi hanno preoccupato. Parla di terapia, di educazione sessuale, di vita e morte, di lutto, con il fil rouge della mia insicurezza. Questo mi ha permesso di scoprire che ciò che racconto è condiviso con il pubblico. In molti si rivedono nelle mie insicurezze e così non mi sento solo. Cerco comunque di sdrammatizzare le cose: da qui il titolo “Anche meno”».

È un testo autobiografico?

«Purtroppo sì. Voglio parlare di cose che conosco e io conosco bene me stesso. Racconto ciò che ho vissuto; con il filtro della realtà mi sento a mio agio. Nessuno in tal modo mi può accusare di essere falso o esagerato. Sinora in questo modo ho fatto due spettacoli, così però non so se ce ne sarà un terzo».

Nello spettacolo c’è interazione con il pubblico e improvvisazione?

«Interazione sì. L’improvvisazione la riduco al minimo perché è uno spettacolo già lungo (novanta minuti senza intervallo) e poi diventa sequestro di persona».

Quanto si diverte?

«Nella vita pochissimo, tanto che provo ad andare al calcetto. Sul palco diventa una sfida. All’inizio carriera esibirmi significava ansia e stress, ora ho capito come gestirle e così adesso mi diverto, riuscendo a creare calore e connessione. E capita nel 90% delle volte che salgo sul palco. Il Mago Forest, per esempio, mi ha sempre detto che il cabaret è scambio ed energia che dipende da entrambi i presenti: pubblico e comico».

Il suo spettacolo è prodotto dall’agenzia di Paolo Ruffini. Come siete entrati in contatto?

«Ci siamo incontrati durante il Covid. In quel periodo Paolo, che mi conosceva perché avevo fatto i provini a Colorado, aveva prodotto la puntata zero per un programma tv. Tutto era stato registrato con i tamponi da fare, le mascherine e senza pubblico. In quell’occasione ci siamo divertiti, è stata una boccata d’aria fresca in un periodo di depressione e zero prospettive. Poi mi ha preso nella sua agenzia. Lui è viscerale e ottimista, un livornese, l’opposto di me, che sono lombardo, quasi svizzero. Le sue caratteristiche mi sono servite come spinta e a darmi forza in ciò che faccio. Il nostro è un rapporto di fiducia e scambio artistico e Paolo durante le prove mi dà dei feedback importanti, di quelli che lasciano il segno».

Lei arriva dalla televisione. Che differenza c’è con il teatro?

«La tv ha poco a che fare con i live. La tv è costruzione, finzione, non è uno spettacolo, a parte Zelig che è uno spettacolo ripreso. Ma la tv è diventata un mezzo fondamentale per arrivare dritti al cuore del pubblico».

Qual è il suo rapporto con la Toscana?

«Mi piace tantissimo, adoro i borghi piccolini e poi ogni volta mi sfondo di vino e carne. Prima o poi mi compro un casolare su un poggio, come quelli che vedo dal treno e che mi fanno impazzire, soprattutto verso il tramonto. I toscani poi mi dimostrano sempre grande affetto. Ricordo una serata bellissima al Tuscany Hall qualche tempo fa. Però, per non fare la sviolinata, io sono juventino e con la Fiorentina non c’è un ottimo rapporto, ma è colpa nostra».

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