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Sanremo, i toscani nella storia: da Nada a Fogli, Bocelli fino a Gabbani

di Adolfo Lippi
Sanremo, i toscani nella storia: da Nada a Fogli, Bocelli fino a Gabbani

Tanti i big diventati famosi sul palcoscenico della città dei fiori

06 febbraio 2023
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Nada, livornese del Gabbro, era un “pulcino bagnato” al debutto nel '69, Andrea Bocelli era un semplice “non vedente” dalla voce d'oro istruita in un pianobar sulle colline della Valdera, L'Homo Sapiens, un gruppo pisano, debuttò con la Tv a colori nel '77, Toto Cotugno, spezzino, figlio di un marittimo militare, de eterno secondo stravinse poi nel '80 con “Solo noi” e poi rimase anni al palo. Riccardo Fogli, fece azzeccare la vittoria al mago Giucas Casella nel '82, Alessandro Baldi, potente voce delle cantine del Chianti, ebbe il trionfo con “Non amarsi”, Marco Masini, tra una parolaccia e un insulto, carattere non facile davvero, fu una stra negli anni '90. Francesco Gabbani, carrarino aspro e dolcissimo, divenne un re con “Occidentali's Karma”, mistico e coinvolgente.

Tutti, insomma, chi per un verso, chi per strafogata passione, dovettero al magico palco dell'Ariston di Sanremo la loro carriera, l'affermazione nella memoria collettiva. Divennero campioni di gusto e di armonia. Di loro e di tanti altri toscani, musicanti e vedettes, ne parla diffusamente, adesso che siamo alla viglia del celebre festival, un libro appena uscito, scritto da veri autori e curato da Paolo Mugnai per “Felici editore” in Pisa. Quante avventure, quante delizie, quanti successi, quante miserie, coinvolsero ragazzi e ragazze, venuti dal niente, dalla terra toscana, da Grossetto alla Liguria del “golfo dei poeti” e grazie al fantastico di una rassegna musicale, assurti a idoli di generazioni.

Nel libro “Sanremo che passione”, tra vari autori, questi emozionanti passaggi di genere e di situazioni sociali, fanno una perfetta geografia dell'Italia dagli anni '60 ai giorni nostri, un'Italia che è vissuta in parallelo con la “sua” nazionale di calcio e le “sue” canzoni, alcune ancora adesso cantate e ricantate.

La Toscana è una regione letterata. La canzonetta, come noto, proviene direttamente dalla poesia. Lo scrivevano i filosofi greci che se ne intendevano. E Dante, Petrarca, Boccaccio, lo intesero così bene che “strofarono” i loro poemi da venir cantati, come del resto Omero, nei banchetti avvinazzati. Sanremo, che ebbe tra le altre “firme” uno scenografo straordinario, quale Umberto Bertacca, viareggino doc, un organizzatore cresciuto a Marina di Pietrasanta, tra una partita a tennis e un matrimonio, quale Adriano Aragozzini, un regista, io, che ripresi per Rai Uno tutti i “Palarock” con Massarini e Chiambretti, è a due passi dalla nostra regione e fa da calamita. Cosicché non solo i grandi talenti vi si affermarono, ma dette spazio anche ad altri toscani quali Ketyna Ranieri, Don Backy, Pupo, Donatella Milani, Paolo Vallesi, Irene Grandi, Alessandro Canino, Stefano Sani, Riccardo Azzurri, Gianna Nannini, Riccardo Del Turco, Narciso Parigi, tutti invogliati da quella miracolosa pedana e spinti su. Il caso Bocelli è emblematico. Lui suonava il piano nei locali della campagna pisana. Lo scovarono Michele Torpedine e poi Tony Renis, lo portarono a Pippo Baudo che sulle prime fece una smorfia. Ma alle spalle Bocelli già aveva un giudizio del mitico Pavarotti, che ascoltava la voce in una cassettina portata da Torpedine a Los Angeles; lo dichiarò superiore.

Allora Pippo lo inserì nelle “nuove proposte” e Bocelli cantò, commuovendo e commuovendosi, “Il mare calmo della sera”, struggendo l'Ariston e subito fu definito la più bella voce del mondo. Così il lajatichino Bocelli, fortemarmino di adozione (dove possiede anche un bagno), fu poi applaudito dai presidenti americani e da almeno tre Papi, persino dalla regina di Inghilterra. Li conquistò con la canzone “Con te partirò”.

Un altro esemplare campione, fu Giancarlo Bigazzi. Fiorentino, habitué di Marina di Pietrasanta e della leggendaria Bussola di Sergio Bernardini e in seguito di Gherardo Guidi, Bigazzi scrisse, secondo Enrico Salvadori, che ne rievoca la lunga vita, ben 1300 canzoni. Una delle prime fu “Rose rosse”, portata al miliardo da Massimo Ranieri (vendette quasi due milioni di dischi).

Seguirono “Erba di casa mia”, “Se bruciasse la città”, “Vent'anni”, “Luglio” di Riccardo Turco. Ma il peso d'oro della sua creatività fu soprattutto “Gloria”, applaudita nientemeno che dal maestro von Karajan, e primo per anni nelle classifiche americane assieme a “Volare” di Modugno. Bigazzi spianò la strada con la sua opera a Mia Martini, a Tozzi, a Ruggeri e a Fabrizio Moro. Su di lui vi è un monumento bronzeo davanti a “Bussola Domani”. Un altro che avrebbe potuto dare un segno al festival è Gherardo Guidi, pisano, proprietario de “La Capannina” del Forte dei Marmi e de “La Bussola di Focette.

Negli anni '80, venne chiamato a interessarsi del Festival di Sanremo.

L'eterno Gianni Ravera, era stanco e messo da parte. Guidi, che frequentava Sanremo assiduamente, fu chiamato a prendere in mano la gestione. Ma avendo troppe attività in Versilia da portare avanti e sentita la fedelissima moglie Carla, si tirò indietro. Fu così che venne avanti Adriano Aragozzini, romano, ma frequentatore della Versilia), che prendendo in mano il Festival, lo rivoluzionò e lo spianò ai cantanti toscani. Come ben racconta l’informatissimo “Sanremo che passione”.

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