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Pisa, dopo le mareggiate Bocca d’Arno rischia di dire addio ai retoni. L’appello dei concessionari: «Li ricostruiamo noi, ma aiutateci»

di Valentina Landucci
Pisa, dopo le mareggiate Bocca d’Arno rischia di dire addio ai retoni. L’appello dei concessionari: «Li ricostruiamo noi, ma aiutateci»

La violenza del mare ha distrutto due delle cinque strutture lasciando le altre in gravi condizioni. Lettera a Comune, Regione e Soprintendenza per chiedere interventi sulla scogliera

12 aprile 2024
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PISA. Lo scorcio era di quelli iconici, immortalato in chissà quanti scatti. Trent’anni fa con le macchine fotografiche a rullino. Fino all’estate scorsa con lo smartphone a portata di tasca di visitatori e turisti. Incorniciate, postate, trasformate in quadrucci ricordo di epiche mareggiate o infuocati tramonti, però, quelle immagini sono a un passo dal diventare testimonianza storica di vacanze al mare e passeggiate romantiche inreplicabili. 

Perché di Bocca d’Arno con i retoni, oggi, non resta che quello: fotografie. E scheletri, quelli dei retoni devastati dalla furia del mare nell’autunno scorso.

Impossibile, per ora, ricostruire lo skyline da film di quelle casette in legno, sospese tra l’azzurro del cielo e quello dell’acqua, là dove l’Arno si abbandona tra le braccia del Tirreno.

A lanciare l’allarme, ormai a quasi sei mesi dai danni subiti dalle strutture, sono gli stessi concessionari dei retoni di Bocca d’Arno che, dopo i primi confronti con Comune e Regione sulle difficoltà per rimettere in sesto le strutture, legate al cedimento – in conseguenza delle mareggiate – dei basamenti (gli scogli), si trovano a fare i conti con il tempo che passa e nessuna azione concreta per restituire, a loro, una passione e, a pisani e turisti, uno scorcio da sogno.

Carta e penna alla mano Paolo Verdiani, Tommaso Maracchi, Livio Giannotti, Iacopo Quarta, Luca Paoli, Antonio Scatena, Paolo Benedetti e Clarissa Coli – i concessionari appunto – si sono rivolti a Regione, Comune e Soprintendenza inoltrando una formale richiesta di intervento di ripristino della diga lato Gombo. «Come a voi noto – scrivono – tra i danni provocati dalle violente mareggiate di fine novembre e inizio dicembre 2023 vi è stata anche la distruzione completa di due delle sei strutture storiche realizzate sulla diga in oggetto, mentre altre tre hanno subito danni assai gravi. Tutto ciò ad oggi è visibile e nonostante le nostre segnalazioni e tante disponibilità raccolte, come spesso accade non registriamo nulla che vada nella direzione auspicata».

Strutture definite come «elementi che caratterizzano il paesaggio di Bocca d’Arno» scrivono i concessionari che «segnalano la disponibilità a ricostruire quanto loro possibile, facendosi carico dei relativi costi». Nessuna richiesta di contributi, insomma. Quello che le istituzioni dovrebbero poter fare è «realizzare un intervento di ripristino-rafforzamento della struttura di massi su cui appoggiano le strutture di pesca». In fondo, fanno presente i concessionari, tutti loro pagano la tassa di concessione «che dal 2019 ad oggi è stata incrementata come se si fosse in presenza di un bene pubblico atto a produrre reddito» precisano.

Sottolineando che anche le strutture rimaste in piedi, alle prime mareggiate un po’ più forti, rischiano di crollare. E alla lettera allegano una «relazione che illustra la situazione ex ante e post mareggiate con l’indicazione degli interventi ritenuti necessari». E in particolare il ripristino della scogliera «se non la conformazione originaria, almeno un puntuale rafforzamento in alcuni punti» a fronte di uno «slittamento dei massi» della barriera. Massi che, proprio in questi giorni, l’azienda incaricata dei lavori post-mareggiate sul Litorale, sta portando a Marina per mettere al sicuro la linea di costa. Insomma: sarebbe forse proprio questo il momento di pensare anche ai retoni per non dire addio, forse per sempre, a queste strutture.
 

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