Il Tirreno

Carrara, «Il porto del ’700? Scavate altrove
È a centinaia di metri dalla costa»

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Si accende la polemica dopo la scoperta presentata dai Paladini Apuo-Versiliesi

21 aprile 2024
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Carrara L’ipotesi di ritrovare al di sotto dell’attuale porto di Marina di Carrara i resti di un precedente scalo realizzato a metà del Settecento ha dominato il dibattito sui social e in città (sia a Carrara che a Massa). Che si è fatto ben presto serio, anzi serissimo, mettendo in forte discussione la scoperta. Perché quanto riportato dai Paladini Apuo-Versiliesi mira a chiedere lo stop ai lavori sul piano strutturale del porto carrarese: un argomento su cui c’è ben poco da scherzare, sia per la sua importanza strategica che per le tante ragioni (una su tutte, la crisi dettata dall’erosione) che hanno motivato il fronte di chi si oppone.

Andiamo con ordine. Secondo i Paladini la testimonianza decisiva sulla presenza di strutture residue di un antico porto settecentesco si ritroverebbe in un documento del 1802 firmato dal conte Lodovico Lizzoli, carrarese che all’epoca fu incaricato dal vice presidente della Repubblica Italica Melzi D’Eril di redigere un piano del territorio con anche una relazione specifica sull’eventuale realizzazione di un porto. Progetto che lo stesso Lizzoli sconsigliò perché reputato anti-economico. D’altro canto 52 anni prima Francesco III d’Este, duca di Modena, aveva voluto uno sbocco sul mare realizzando – per una cifra spropositata, equivalente a circa 18 milioni di euro odierni – un porto a metà del Settecento che poi finì per insabbiarsi ed essere smantellato definitivamente. Proprio questi resti – testimoniati anche da Lizzoli nel suo documento di inizio ’800 – potrebbero trovarsi per i Paladini al di sotto dei moli di Marina di Carrara. Rendendo quindi necessario l’intervento della Soprintendenza affinché siano eseguite tutte le ricerche opportune per evitare di intervenire a danno di un sito di interesse storico.

Ma è davvero così? In tanti infatti nella giornata di ieri hanno manifestato la loro perplessità sull’effettiva ricostruzione riportata dei Paladini Apuo-Versiliesi. Dubbi che hanno presentato anche al Tirreno su quella che dovrebbe essere l’attuale posizione di quei resti, sempre che sia effettivamente rimasto qualcosa. Ebbene, la testimonianza di un porto settecentesco è riportata anche nel libro “Il porto di Carrara - storia e attualità” edito dalla Cassa di Risparmio di Carrara, tomo che raccoglie la storia dello scalo di Marina e che riporta i progetti (e le difficoltà) incontrate dall’ingegnere francese Milet de Mureau nel progettare il porto estense del 1751. Ma è nel capitolo curato dall’esperto di storia locale Pietro Di Pierro in “Atti e memorie dell’Accademia Aruntica”, del 1998, in cui è possibile ricostruire la posizione di quello scalo. «La localizzazione della scomparsa cappella di Sant’Erasmo, che stavo cercando di trovare – racconta l’autore – fu possibile grazie a un mappario estense del 1778 in cui si vede anche la darsena scavata e abbandonata tra i due casamenti portuali, la corderia e il magazzino, insieme agli edifici allora esistenti sulla duna prodotta dall’arretramento del mare. Da questo è stato possibile ricostruire il porto e il borgo sparso: la cappella era infatti in linea con il porto che era in costruzione nel 1751 e a 130 metri circa, dalla linea di costa. Ma nel 1783 il mare era arretrato ancora, secondo la relazione di Lazzaro Spallanzani con una media di 4 metri circa all’anno. Questo – conclude Di Pierro – è accaduto fino alla Grande Guerra, quando la tendenza si invertì: non a caso abbiamo testimonianze di erosione negli anni Venti, quando i Cantieri Lampo, già Picchiotti, fallirono proprio per una mareggiata che danneggiò le imbarcazioni». In pratica, stando così le cose, quel porto estense si dovrebbe trovare oggi a centinaia di metri dal mare, tra via Fiorillo, Ruga Alfio Maggiani e via Volpi.l

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