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Livorno, Lorenzo sconfigge il linfoma maligno e si laurea in ingegneria con lode

di Giulio Corsi
Livorno, Lorenzo sconfigge il linfoma maligno e si laurea in ingegneria con lode

La scoperta della malattia al primo anno di università, il racconto del giovane: «Io testimone che si può guarire»

05 maggio 2024
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LIVORNO. Otto anni fa – era primavera – Lorenzo lottava per vivere. «La sera uscivo dal reparto di Ematologia del Santa Chiara di Pisa, dove era ricoverato, e lui mi salutava dalla finestra. Era uno scheletro, lo guardavo un’ultima volta prima di tornare a casa e il cuore mi si spaccava», ricorda il padre Massimo.

Lorenzo Ciacchini aveva 19 anni, l’estate precedente si era diplomato al liceo scientifico Enriques ed era iscritto al primo anno di università, facoltà di Ingegneria. Ma la vita, allora, gli aveva riservato un’altra salita, assai più ripida, difficile, probante, drammatica.

Lorenzo è riuscito a scalarla e due settimane fa ha vinto anche l’altra sfida che aveva intrapreso allora, quella della laurea: 110 e lode in Ingegneria elettronica con tesi magistrale sull’intelligenza artificiale.

La sua storia, che insieme al padre ha deciso di raccontare pubblicamente, è una storia di speranza. Di luce nell’oscurità della paura. Di fede e di scienza. «È testimonianza», come dice lui. «Il messaggio a chi è malato che si può guarire, tornare a vivere, a sognare».

Il suo sogno adesso è fare ricerca universitaria. «Mi piacerebbe un dottorato e poi in futuro penso all’Esa, l’agenzia spaziale europea o alla Ferrari – racconta –. Certamente oggi ho un approccio alla quotidianità diverso. Vivo con consapevolezza. E gratitudine, ai medici e alla Madonna».

La diagnosi

Era il 2015, quando una piccola ghiandola apparve sul collo di Lorenzo, che aveva da poco finito la quinta liceo. «Era asintomatica e per mesi non ci disse niente, non immaginando di che cosa si trattasse – ricorda il padre Massimo –. Una volta, era gennaio del 2016, a pranzo ce ne parlò e ci allarmammo. Consigliati dal nostro medico di famiglia, io e mia moglie Paola portammo Lorenzo dal primario di Ematologia di Pisa, il professor Mario Petrini. Lui ci tranquillizzò, ma chiamò subito il suo collega otorino Stefano Berrettini. Decisero di fargli immediatamente una biopsia. Alcuni giorni dopo mi arrivò una telefonata dall’ospedale: l’esame istologico ha evidenziato un linfoma di Burkitt. Non sapevo che cosa fosse, chiamai Paola e lei fece un urlo straziante. “Massimo, Lorenzo ha il cancro”».

Fede e scienza

Per la famiglia Ciacchini la vita cambiò d’improvviso. Il tunnel oscuro della malattia e della paura aveva aperto loro le porte. «Scoprimmo che il linfoma di Burkitt è una rara forma di linfoma non-Hodgkin, ossia un tumore maligno che colpisce gli organi del sistema linfatico – ricorda Massimo –. Petrini ci disse che in sei mesi avremmo capito l’evoluzione del tumore, se Lorenzo sarebbe sopravvissuto oppure morto. Ci disse che il Santa Chiara era attrezzato ed era un riferimento internazionale, ma che non c’era da perdere tempo. Ci rivolgemmo anche all’istituto di oncologia europeo di Milano, dove ci confermarono che la situazione era molto grave. Alla fine decidemmo di fidarci di Pisa. E ci affidammo al buon Dio».

Il Vangelo

Massimo Ciacchini rivive con le lacrime agli occhi quei giorni drammatici. «Non avevo forza, non riuscivo a pensare che avrei potuto perdere Lorenzo – ricorda –. Con mia moglie ci chiudemmo nel nostro dolore. Una sera, pochi giorni dopo la diagnosi, iniziammo a pregare. “Invochiamo lo Spirito Santo”, mi disse Paola che come me era sempre stata molto credente. Aprimmo il Vangelo a caso e il dito andò sul brano dove si racconta che Gesù stava attraversando la Galilea, quando un ufficiale dei romani con un figlio morente, avendo sentito parlare dei suoi miracoli, decide di andargli incontro. Gesù lo vede e prima ancora che lui parli gli dice di tornare a casa perché suo figlio è guarito. Lui, senza niente chiedere, crede alla parola del Signore, torna a casa e scopre che il figlio è guarito. Dopo aver terminato la lettura mia moglie mi guardò e mi disse che il Signore non ci avrebbe abbandonato».

Ricorda ancora Ciacchini: «In quei giorni tutte le mattine andavo a Montenero alla messa delle 7. Mi dava la carica spirituale per andare avanti. Il giorno dopo quella lettura fatta insieme a Paola nel Vangelo aperto per caso, alla messa a Montenero fu letto lo stesso identico brano. Per noi era un segnale, la promessa che la Madonna ci stava facendo. E questo ci dette la forza di andare avanti, con fede e speranza».

La terapia

Il protocollo di cure prevedeva due settimane di chemioterapie e due settimane a casa. «Nel giro di pochi mesi mi sono ritrovato dai banchi dell’università alla poltrona di Ematologia a fare chemio ed esami in continuazione – racconta Lorenzo –, sono stati periodi tremendi, non ne vedevo l’uscita, ma la mia famiglia, la fede, la speranza che tutto potesse andare per il meglio mi hanno aiutato a non perdere la testa. È stato importante anche rimanere in contatto con gli amici, mi ha permesso di non entrare in un loop che mi avrebbe affossato».

La rinascita

Il 15 giugno 2016 il professor Petrini decide di dimettere Lorenzo decretando la guarigione. «Ci disse che non ci sarebbero state recidive perché nel protocollo di questa malattia non c’era possibilità di ricadute o effetti collaterali. E il follow up durato due anni confermò il responso», ricorda Massimo.

Un mese dopo, a luglio, Lorenzo dette l’esame di matematica. Fu il primo passo della sua nuova vita.


 

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