Il Tirreno

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Il bambino da rifiuto a speranza: Francesco Alberto non dovrà mai conoscere la verità

di Andrea Di Consoli
Il bambino da rifiuto a speranza: Francesco Alberto non dovrà mai conoscere la verità

Nessuno dovrà mai dirgli che sua madre lo ha tenuto in grembo per nove mesi e poi lo ha lasciato in un sacco di plastica

06 ottobre 2022
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A Paceco, in provincia di Trapani, un uomo si avvia su una strada sterrata. Sente dei vagiti. Vede un sacco di plastica e si avvicina. Lo apre. C’è un neonato. Il cordone ombelicale è stato tagliato, mentre la placenta è lì, nel sacco.

È un miracolo che il neonato sia sopravvissuto, perché quella è zona poco frequentata, e poi di notte non solo fa freddo, ma ci sono anche gli animali selvatici.

Quel bambino abbandonato nel nulla lo hanno battezzato Francesco Alberto, proprio come il primo carabiniere che lo ha tenuto in braccio.

La legge italiana è molto chiara, sull’argomento· alle donne e alle coppie è consentito di lasciare in ospedale, senza riconoscerlo, un neonato; ma non è consentito di abbandonarlo per strada o all’addiaccio, perché fare una simile cosa significa compiere un grave reato, che viene punito con il carcere. Tant’è che si sta cercando di capire chi abbia fatto un simile gesto, anche se nessuno ha l’autorità morale per ergersi sull’abisso psicologico di una madre “colpevole”.

Il piccolo Francesco Alberto, dunque, ce l’ha fatta. È vivo, sta bene, diventerà un uomo. Ed è assai probabile che verrà adottato, che vivrà in una casa normale, che avrà dei genitori che lo accudiranno, che andrà a scuola e si innamorerà. Ed è assai probabile che nessuno gli dirà mai dove lo trovarono il 4 ottobre del 2022. Perché dirglielo non avrebbe alcun senso.

Ecco, questo mi preme dire, sul piccolo Francesco Alberto. Abbiamo sinora vissuto i legami “di sangue” con una eccessiva visceralità romantica. La verità è che ti è genitore chi ti ha accolto, chi ti ha accudito, chi ti ha amato. Non basta uno spasmo, non basta lo sperma, non basta il sangue per dire “madre” e per dire “padre”. Non voglio dire che i genitori biologici di questo bambino non abbiano diritto a un sentimento di pietas. Ma ora toccherà ad altri dargli quel calore che la vita gli ha immediatamente sottratto.

Tuttavia Francesco Alberto non dovrà mai sapere. Nessuno dovrà mai dirgli che sua madre lo ha tenuto in grembo per nove mesi e poi lo ha lasciato in un sacco di plastica. Nessuno dovrà mai dirgli che una madre – e anche un padre, perché si è sempre in due a fare un figlio – non ha trovato dentro di sé motivazioni sufficienti per dire “sì” alla vita. E nessuno dovrà mai dirgli che non valeva niente quel suo esserci e che, se non ci fosse stato quell’uomo diretto nella sua campagna, probabilmente sarebbe morto di freddo, oppure divorato da qualche bestia affamata.

Solo in un caso come questo la parola “omertà” ha un senso positivo. Dobbiamo tutti essere omertosi, rallegrarci di questa vittoria della vita sulla morte, ma immediatamente dopo dimenticare l’accaduto, cancellare gli articoli sulla vicenda, fare finta di niente. Lui, insomma, non dovrà mai sapere. Nessuno si azzardi a torturarlo con le inutili ossessioni del sangue. È andata bene. La faccenda è chiusa. Benvenuto, piccolino.

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