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Liste d’attesa, priorità per residenza? Il sindaco di Livorno: incostituzionale

Ilaria Bonuccelli e Giulio Corsi
L'ospedale di Cisanello
L'ospedale di Cisanello

Anche Salvini attacca il sistema toscano: «Se i pazienti devono rinunciare all’oncologo di fiducia la situazione è grave»

07 aprile 2022
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Livorno. Il sindaco di Livorno, Luca Salvetti, ha un dubbio. Pensa che riservare la sanità di eccellenza ai pisani, a Cisanello, escludendo i non residenti, sia più che sbagliato: anti-costituzionale. Non per una questione di campanile. Il principio “prima i pisani”, per abbattere le liste d’attesa – fa presente Salvetti – violerebbe «in modo marcato» il diritto di tutti a «essere curati al meglio, indipendentemente dalla provenienza geografica».

No, non è una questione di campanile quella sollevata da Il Tirreno. Non riguarda solo l’atavica diatriba fra Pisa e Livorno. Riguarda – come segnalano i nostri lettori – pure l’azienda ospedaliero-universitaria senese. E quella fiorentina. Tutte con lo stesso problema: priorità, nelle prestazioni sanitarie a chi vive nella città che ospita l’azienda ospedaliero-universitaria e nei Comuni inseriti nel territorio di sua diretta competenza. Ma cosa c’entra con il diritto all’accesso a cure identiche, il fatto di abitare fuori o dentro un “perimetro di garanzia”?

l’attacco di salvini

La questione se la pone pure il segretario della Lega, Matteo Salvini, colpito da uno dei casi segnalati da Il Tirreno: una paziente oncologica di Livorno che, per motivi di residenza, ha dovuto cambiare il medico di fiducia già nel 2016: «Se davvero la sanità toscana facesse distinzioni territoriali riguardo ai malati, rallentandone le cure, sarebbe una scelta grave. È urgente accertare le responsabilità e assicurare a tutti il diritto alle cure» commenta il leader della Lega.

la residenza non vale

Proprio colpito da questo tema, Diego Petrucci, consigliere regionale di Fratelli d’Italia e membro della commissione Sanità, presenta un’interrogazione in Regione. Anche Petrucci cita un caso di cui ha parlato Il Tirreno: un uomo di 73 anni di Casale Marittimo «che ha dovuto abbandonare l’oncologo di fiducia per sceglierne uno più vicino a casa sua. Ma chi ha deciso il criterio della residenza? Sembra di essere di fronte a vere e proprie discriminazioni territoriali». In effetti, alcuni problemi sono stati riconosciuti dall’azienda ospedaliero-universitaria pisana nell’erogazione di alcune prestazioni. E proprio da ieri ha annunciato «correttivi a breve» almeno sugli appuntamenti per 4 visite che devono essere garantite ai residenti di tutta l’area vasta della Toscana nord ovest .

Non ci potranno più essere discriminazioni di residenza per chi dovrà prenotare (all’interno dell’area vasta della Toscana nord ovest) una visita endocrinologica, reumatologica, allergologica o di chirurgia vascolare.

diritti violati

È un primo risultato, ma per Salvetti non basta. Sollecita risposte che non ha ancora ricevuto né dalle aziende sanitarie né dai vertici regionali. Solo una nota che non chiarisce perché il criterio della residenza sia il riferimento per le prenotazioni: «Sarebbe inaccettabile che l’azienda ospedaliera universitaria pisana abbia potuto pensare di favorire nelle liste di attesa chi abita nella provincia di Pisa. Se questo venisse confermato – ribadisce il sindaco Luca Salvetti – si evidenzierebbe una violazione marcata del principio costituzionale di equità di accesso alle prestazioni e del diritto di essere curato al meglio indipendentemente dalla provenienza geografica del paziente».

Il tema del diritto di tutti i pazienti ad avere le stesse cure non è secondario.

costituzione violata

Lo conferma il costituzionalista Emanuele Rossi: «In assenza di un fondamento normativo (che sancisca la priorità nell’accesso alle cure a chi è residente, ndr) non può essere una decisione di carattere amministrativo a individuare la priorità in base al criterio di residenza». Insomma non può essere un accordo o una delibera né un piano di programmazione a dire prima i pisani dei livornesi o prima i fiorentini dei pratesi. Del resto un principio del genere è già stato ribadito in varie decisioni della Consulta «anche per prestazioni sociali», ricorda Rossi. «La Corte, pronunciandosi su leggi regionali ha stabilito che è incostituzionale porre come criterio per l’accesso a prestazioni di natura sociale, neanche sanitaria, la residenza di almeno due anni, ad esempio, in un determinato luogo perché questo criterio è discriminatorio. Se certi criteri non sono ammissibili con leggi, figuriamoci con atti amministrativi».

Ilaria Bonuccelli

Giulio Corsi

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