I tesori nascosti dentro al “chiesino”, l’oratorio di San Bartolomeo restaurato
I suggestivi affreschi tardo medievali riportati a splendore grazie al Fai e Intesa San Paolo: un luogo del cuore
La gente del posto lo chiama il “chiesino”, ma di piccolo ha solo le dimensioni. L'oratorio di San Bartolomeo, a Prato, è in realtà un gigante dell'architettura antica, una perla poco conosciuta che merita di essere vista. Soprattutto ora, dopo il restauro degli affreschi che decorano le parti dell'abside e dell'altare e che, conclusi a dicembre 2021, lo hanno restituito in tutta la sua bellezza ed eleganza alla città e alla Toscana. Dalla muratura irregolare composta da ciottoli di fiume, pietra e mattoni, la chiesa risale alla seconda metà del 1300 e fu costruita sulla via Cava – nella zona di San Giusto - per volontà dei Guazzalotti, nobile e potente famiglia locale che possedeva le vicine cave di marmo verde, utilizzato in molti parti nella costruzione dell'oratorio.
E' un raro esempio di edificio sacro in stile tardo gotico del territorio pratese, come evidenziano la forma più stretta e allungata rispetto alle chiese romaniche, archi ogivali (cioè con la sommità appuntita) nelle finestre della fiancata e nel coro, la bifora nell'esile campanile innestato tra l'abside e la navata. Una struttura elegante che ha inoltre due portali in pietra scolpita e un’elaborata cornice in mattoni disposti a dente di sega che segna gli spioventi del tetto.
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Altrettanto bello l'interno: a navata unica, è ricco di affreschi, eseguiti tra il 1375 e l’inizio del 1400 da Francesco di Michele, Arrigo di Niccolò, Cenni di Francesco, artisti fiorentini seguaci di Niccolò di Pietro Gerini. Si tratta di un ciclo di dipinti di carattere votivo e devozionale in cui la Madonna col Bambino e le figure di santi sono inserite in edicole architettoniche. Importante è anche l’altare in muratura, interamente affrescato, che riproduce il classico trittico con predella, uno dei pochi esempi nel territorio toscano. L’originalità della decorazione dell’altare trova ulteriore espressione nella raffigurazione, sul fianco destro, di una nicchia con i vasi liturgici, una delle prime immagini di natura morta della storia dell’arte italiana. Gran parte di questo patrimonio versava in condizioni di serio deterioramento: in alcuni affreschi l'intonaco e la pittura si erano distaccati a causa dell'umidità; altre pareti affrescate risultavano danneggiate da materiali usati in un precedente restauro degli anni Ottanta; nella zona dell'altare era stata la cera delle candele a provocare gravi magagne.
Oltre a minare le opere, tutto questo ne comprometteva la leggibilità oscurata da velature, ritocchi alterati, integrazioni danneggiate e stuccature fatte di gesso o cemento. Nel 2018 la parrocchia di San Giusto – di cui l'oratorio fa parte - insieme con la diocesi di Prato riuscì a coinvolgere associazioni locali, scuole, famiglie del quartiere e tanti cittadini nel votare il “chiesino” come “Luogo del cuore”, nell'ambito dell'annuale e nota iniziativa nazionale del Fai (Fondo ambiente italiano): oltre 14mila le preferenze ottenute. La straordinaria partecipazione dette l'impulso alla parrocchia per iscriversi al bando che il Fai lancia dopo ogni edizione del censimento.
Fu così presentato il progetto di restauro degli affreschi che venne ritenuto idoneo e finanziato con un contributo di 12mila euro, messo a disposizione dallo stesso FAI e da Intesa Sanpaolo. A questa cifra si è aggiunto poi il cofinanziamento della parrocchia per arrivare ai circa 30mila euro necessari a coprire le spese complessive. Con lo scoppio della pandemia i lavori hanno subìto inevitabili ritardi e si sono conclusi alla fine del 2021. Le operazioni principali – eseguite dalla ditta Valentini Ventura - sono state la messa in sicurezza degli intonaci, la pulitura degli affreschi con il recupero della stesura pittorica originale, coperta dagli interventi precedenti, e il restauro sulle parti mancanti e sulle stuccature con la tecnica delle velature ad acquerello mediante pigmenti naturali. L'ottimo risultato, che ha restituito alle opere tutta la loro bellezza, si affianca a quello del restauro eseguito nel 2019-20 alla struttura architettonica, agli infissi, agli apparati lapidei, all'impianto elettrico e di riscaldamento. A finanziarlo la Cei (Conferenza episcopale italiana) con l'8xmille e i contributi di Confartigianato e Fondazione Cassa di Risparmio di Prato. Il “chiesino” è aperto durante le funzioni religiose, ma si può visitare in altri momenti contattando la parrocchia.
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