Meningite C, l'esperto: "Ecco perché la Toscana è così colpita"
Fabio Voller (Ars) spiega la particolarità del caso toscano. "Colpa anche dei flussi migratori? Assolutamente no"
LIVORNO. Dall’inizio del 2015 a oggi la meningite si è portata via 13 persone in Toscana: 7 il primo anno, 7 nel secondo (di cui uno di pneumococco). Nessuno era vaccinato, tranne uno. I casi di meningite da ceppo C - il più pericoloso - poi, in tutto, sono stati 58 in questi due anni, 31 nel 2015, 27 nel 2016. Le vaccinazioni, invece, hanno toccato il milione nella nostra regione, con picchi dopo ogni caso. Ma non bastano, il batterio continua a fare vittime. Secondo Fabio Voller, coordinatore dell’osservatorio di epidemiologia dell’Agenzia regionale di sanità (Ars) Toscana «nella nostra regione si riuscirà a debellare la meningite quando almeno il 90 per cento dei giovani si sarà vaccinato».
Dottor Voller, perché dovrebbero vaccinarsi soprattutto i giovani?
«La fascia di età compresa tra gli 11 e i 20 anni è quella portatrice del batterio, perché notoriamente esce di più, frequenta luoghi chiusi, discoteche. Il batterio vive negli spazi chiusi, muore nell’ambiente e passa solamente con il passaggio di goccioline. Attualmente solo il 65% dei giovani di età compresa fra gli 11 i 20 anni è vaccinato: bisogna fare uno sforzo in più e vaccinarne un altro 20 o 25%».
La Toscana è una delle regioni più colpite in Italia. Siete riusciti a capire perché?
«Nella nostra regione è presente un batterio molto virulento, si chiama St11 e ha una letalità del 30%. Questo batterio ha specificità tutta sua: non crea infatti un numero elevato di portatori, ma passa in particolari condizioni cliniche o di immunodepressione dei soggetti e colonizza facilmente».
Nelle altre regioni non c’è?
«Sì c’è, ma nelle altre regioni ci sono anche altre forme batteriche; in Toscana solo questa praticamente. Sono in gran parte identici i casi di meningite che abbiamo registrato nel nostro territorio, nel 90% dei casi è per il batterio St11».
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Ma da dove arriva o in che condizioni si crea?
«È una risposta difficile da dare, da dove viene è ancora più complicata. È una cosa che non riusciamo a capire nemmeno con gli studi che stiamo facendo. Nemmeno in Inghilterra riuscirono a capire nel ‘99 perché ebbero questo eccesso straordinario di meningite che poi hanno sconfitto con due anni di vaccinazioni nella popolazione 0 – 18 anni. Fino al 2003 si continuò ad avere casi, poi furono azzerati con la vaccinazione totale in quella fascia di età. Anche in Toscana abbiamo avuto casi di meningite C nel 2005 nella popolazione giovanile, che poi abbiamo ridotto per molti anni con la vaccinazione nei primi due anni di vita. Adesso colpisce poco la popolazione giovanile, che in genere è la principale popolazione target del batterio: questa volta invece sta colpendo una fascia più anziana. Abbiamo tante persone sopra i 40 anni, il 45%».
Eppure è sempre stato detto che la popolazione giovanile fosse la più vulnerabile...
«È vero, ma perché questo è quello che ci ha sempre detto la letteratura scientifica. E anche questa è stata l’anomalia toscana: l’avere casi più anziani. È caratteristico di questo St11».
Molti (non medici) collegano questa epidemia di meningite ai flussi migratori provenienti dall’Africa. È verosimile un collegamento?
«No, è da smentire nel modo più assoluto. Anche perché i Paesi a più grande diffusione di questo tipo di meningite, quelli della cintura africana centrale, sono quelli che hanno una prevalenza più bassa in Toscana, sia rispetto alle altre regioni sia rispetto alla composizione degli immigrati presenti nel territorio regionale. La maggior parte degli immigrati presenti nel territorio provengono da regioni dove non è presente questo batterio».
E invece come si spiega che quasi tutti i casi di contagio si concentrino sull’Arno?
«Questa è solo una coincidenza dettata dalla statistica. Nella fascia dell’Arno ci abita un milione e mezzo di persone, quasi la metà di tutta la popolazione toscana. È facile che si verifichino casi. E comunque sono 58 casi, che dal punto di vista della sanità pubblica non è tanto. Consideriamo che abbiamo 400 morti di incidenti stradali all’anno».
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Quindi non c’è un vero allarme?
«L’allarme ovviamente c’è, perché la malattia può colpire i giovani e può avere conseguenze gravi. Quindi bisogna mandare il messaggio che è necessario vaccinarsi».
Molti non si vaccinano perché hanno paura degli effetti che può avere...
«Questi vaccini sono totalmente testati, per cui le azioni avverse, quando presenti, sono infinitesimali nella popolazione. Non abbiamo mai avuto una segnalazione di una vaccinazione che ha dato qualche effetto alla popolazione. Questo però rimane l’unico metodo sicuro che abbiamo per essere immuni alla malattia. Poi, il vaccino ha bisogno tra i 20 e i 30 giorni per diventare efficace, quindi se uno entra in contatto col batterio in quel periodo può comunque contrarre la malattia. In ogni caso abbiamo verificato che, quando il batterio colpisce una persona che è vaccinata, le conseguenze sono sempre meno gravi».