Livorno, «Giornalista privato del cellulare»: due condanne per violenza privata
Esclusa l’ipotesi della rapina dopo il fatto che ha visto protagonisti alcuni esponenti del "Popolo delle barchette" sotto Palazzo Rosciano. Le altre quattro persone sono state assolte
LIVORNO. Due condanne – non per rapina, ma per violenza privata – e quattro assoluzioni. Si conclude così, almeno in primo grado, il processo ai danni di sei persone, il cosiddetto “Popolo delle barchette”, imputate fino a pochi giorni fa, secondo l’accusa, per aver accerchiato e privato del cellulare un cronista del Tirreno che, sotto Palazzo Rosciano, stava svolgendo un servizio giornalistico. Sei mesi di reclusione, con la sospensione condizionale della pena, per cinquantaseienne all’epoca dei fatti presidente del circolo Borgo Pier Damiani (nativo di Portoferraio, all’isola d’Elba, ma residente a Livorno, e quattro, sempre con la sospensione condizionale, per la settantaquattrenne livornese Paola Turio. Assolti, invece, il sessantaseienne labronico Roberto Lippi, la sessantunenne Gigliola Pantera (residente a Casciana Terme, in provincia di Pisa, ma originaria di Massa), il sessantatreenne livornese Riccardo Cristiani e il suo concittadino di 75 anni Paolo Ponzali, dichiarati quindi estranei ai fatti contestati. Tutti difesi dall’avvocato Luca Di Rosa, entro 90 giorni saranno depositate le motivazioni della sentenza e il legale, con i suoi assistiti, deciderà eventualmente se proporre ricorso alla corte d’appello di Firenze chiedendo, per tutti, le assoluzioni.
La ricostruzione
Tutto è accaduto attorno alle 15 del 10 febbraio del 2021 durante un presidio-protesta dell’associazione per la tutela e la conservazione delle tradizioni marinare e del porto mediceo sotto alla sede dell’Autorità di sistema portuale del mar Tirreno settentrionale quando il cronista ha denunciato di essere stato minacciato da una persona che si è spacciata per poliziotto e da altre che gli hanno preso dalle mani il cellulare con il quale stava prendendo appunti per poi scrivere l’articolo. Questa la ricostruzione della procura dopo le indagini della digos. Per questo, Damiani, era imputato anche per sostituzione di persona, reato per il quale tuttavia non è stato punito per la particolare tenuità del fatto, ha spiegato il collegio del tribunale, presieduto dal giudice Ottavio Mosti, a latere i colleghi Andrea Guarini e Tiziana Pasquali. Per lui, il pubblico ministero Giuseppe Rizzo, aveva chiesto due anni e due mesi di reclusione per violenza privata, riqualificando il reato dall’originaria accusa di rapina, mentre due anni era stata la richiesta per Turio. Quantum decisamente abbassato da palazzo di giustizia, che ha comunque ravvisato due colpevolezze su sei, escludendo comunque l’ipotesi più grave della rapina. Niente parte civile Damiani, si legge negli atti, avrebbe anche «minacciato di buttare in mare il giornalista». Il cronista del Tirreno, nel corso dell’ultima udienza, ha parlato in aula ricostruendo quanto accaduto, ma aveva già ritirato la parte civile, con l’assistenza dell’avvocato Bruno Neri, in seguito a un accordo transattivo fra le parti, visto che nel corso del processo è subentrato da parte degli imputati un risarcimento.
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