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Lula delude e Bolsonaro tiene: il Brasile va al ballottaggio


	La delusione di un sostenitore dell'ex presidente operaio Lula dopo i risultati delle elezioni
La delusione di un sostenitore dell'ex presidente operaio Lula dopo i risultati delle elezioni

Flop dei sondaggi che davano avanti la sinistra, grande delusione tra i sostenitori. Storico successo della destra in Parlamento

03 ottobre 2022
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SAN PAOLO "Il risultato è solo rinviato, vinceremo". Nella notte di San Paolo la delusione serpeggia tra i sostenitori del leader di sinistra, Luiz Inacio Lula da Silva. Riposte le bandiere preparate per la festa della grande rivincita, il Partito dei lavoratori analizza con amarezza gli esiti trasmessi dal Tribunale superiore elettorale. A scrutini praticamente ultimati emerge la conferma del ballottaggio, il 30 ottobre, contro il presidente uscente di destra Jair Bolsonaro che contro ogni attesa, e smentendo i sondaggi, ha tenuto testa nella cavalcata del primo turno.

Lula ha infatti incassato oltre 57 milioni di voti, ovvero il 48,43%, contro gli oltre 51 milioni di Bolsonaro, il 43,2%. L'ex presidente operaio ha conquistato 14 Stati, ottenendo il maggior numero di suffragi nel nord-est, mentre l'ex capitano dell'esercito ha conquistato quelli del centro-ovest e del sud, aggiudicandosene 13, incluso il Distretto federale della capitale Brasilia, per una mappa del Paese che appare decisamente spaccata a metà. Ma il dato più sorprendente lo restituisce il Congresso federale, dove il Partito liberale rivitalizzato da Bolsonaro sbanca, imponendosi come formazione principale.

E' primo alla Camera dei deputati con 99 seggi su 513 (23 in più rispetto agli attuali), ovvero un voto su cinque, consolidandosi come attore imprescindibile nelle trattative. Ed è avanti anche al Senato, dove si aggiudica 14 dei 27 posti finora assegnati. Non a caso il Financial Times in un editoriale ha definito Bolsonaro e i suoi alleati i "veri vincitori al primo turno", avvertendo: "La coalizione 'manzo, bibbia e proiettili' non sparirà".

Una delusione per la sinistra aggravata dalla vittoria al Congresso "dell'ex ministro dell'Ambiente di Bolsonaro, Ricardo Salles, alla guida dell'enorme aumento della deforestazione" in Amazzonia, così come quella di Eduardo Pazuello, il ministro della Salute regista "della gestione catastrofica" del Covid, come ha osservato il Guardian. Certo, Lula rimane il favorito per la vittoria, ma quanto accaduto suggerisce che lui e il suo partito "devono ancora convincere la maggior parte dei brasiliani di aver imparato la lezione dagli errori economici passati e dagli scandali di corruzione", ha suggerito ancora il Ft, indicando che oggi l'esito finale non è più scontato.

Il primo turno registra comunque una crescita del Partito dei Lavoratori, con i suoi deputati passati da 56 a 76. Un risultato che sommato a quello delle altre forze della coalizione - Partito verde e Partito comunista do Brasil - tocca quota 80, con un aumento di 12 parlamentari. Senza contare che l'altra federazione di sinistra anti-Bolsonaro - Psol e Rede Sustentabilidade - ha visto crescere la sua forza, eleggendo quattro deputati in più e arrivando a 14. Date le premesse, gli analisti prevedono comunque un'appendice di campagna elettorale ancora più aspra e polarizzata di quella delle settimane scorse, con poco spazio per le proposte per il futuro del Paese ed una corsa ad accaparrarsi i voti dei candidati presidenti usciti di scena, in particolare quelli di Simone Tebet (Mdb, centro-destra) attestatasi al terzo posto con quasi 5 milioni di suffragi (4,16%) e Ciro Gomes (Pdt, sinistra) al quarto, con poco più di 3,5 milioni (3,04%). Ma i veri grandi sconfitti di queste elezioni sono i sondaggisti. I rilevamenti sulle intenzioni di voto hanno fallito, sballando ampiamente le previsioni sui gradimenti di Bolsonaro, dato anche a 14 punti percentuali di distanza dal suo competitor, rispetto a un margine reale di circa il 5%. Istituti "menzogneri" li ha definiti il leader di destra, mentre i suoi alleati ora pretendono l'apertura "di un'ampia indagine", col sospetto che i numeri possano essere stati intenzionalmente "manipolati". Un'offensiva che si completa con un disegno di legge in cui questi errori sono caratterizzati come reati soggetti a "punizioni gravi". Anche questi, argomenti per una campagna elettorale al vetriolo, che è di nuovo solo all'inizio. 

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