Il Tirreno

Pontedera

L’intervista

Diego Paletta lascia il Fucecchio: «Sei anni bellissimi. Ora il Tau, l’università del calcio»

di Mario Moscadelli

	Diego Paletta e a destra il Fucecchio sul campo del Tau
Diego Paletta e a destra il Fucecchio sul campo del Tau

Il direttore sportivo dell’Ac Giovani: «La società di Altopascio era nel destino». In bianconero arriva Marco Magni, ex capo dello scouting del Pontedera

07 maggio 2024
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FUCECCHIO. Aveva promesso di portare l’Ac Giovani Fucecchio tra le regine del calcio giovanile toscano. C’è riuscito e ora Diego Paletta, pontederese di 44 anni, volta pagina. Il direttore sportivo lascia la società bianconera dopo sei stagioni per una scrivania al Tau. Un passaggio che fa rumore nel pallone dei ragazzi per almeno due motivi: il blasone della società di Altopascio e per l’effetto domino di ds che di fatto si è innescato dopo questa decisione. A Fucecchio, per quel ruolo, hanno scelto Marco Magni, ex capo scouting a Pontedera e con un passato anche nella Pistoiese e nel Prato.

Quando nel 2018 arrivò a Fucecchio disse di avere un obiettivo: portare l’Ac Giovani nelle 16 regine del calcio giovanile toscano. C’è riuscito?

«Sì, ci siamo riusciti, conquistando la categoria Élite prima con gli Allievi e poi con i Giovanissimi. Ci siamo riusciti anche in anticipo rispetto ai tempi fissati. Il merito è di tutta la società, che ha saputo alzare l’asticella a livello organizzativo e tecnico, nonostante la difficile parentesi legata al Covid. Tra l’altro nella stagione 2020/21, dove probabilmente avevamo le rose più attrezzate, ci siamo dovuti fermare praticamente alla seconda giornata».

Qual è stato il momento più esaltante di questi 6 anni?

«Il momento cruciale sono stati i due anni di Covid. Mentre molte realtà hanno riscontrato battute d’arresto, noi abbiamo lavorato forte nella formazione e nella programmazione».

Qual è stata la vittoria più bella?

«C’è una partita simbolo giocata nel mio primo anno in bianconero. Con le annate 2003 e il 2005 raggiungemmo una storica qualificazione alla Coppa Cerbai. La squadra 2005, Giovanissimi B, allenata da Ristori riuscì a battere in una partita a eliminazione diretta il Tau per 3-0: quel successo ci ha fatto da apripista nel diventare una società di livello».

Cosa si sente di aver dato al Fucecchio?

«Ci tengo a sottolineare che il mio lavoro è partito da una base forte: 7 anni di affiliazione Milan hanno fatto crescere l’Ac Giovani. Io, al di là dei risultati, sento di aver dato professionalità e riconoscibilità in ambito regionale. Prima quando sentivi parlare di Fucecchio pensavi principalmente al palio, ora magari pensi anche al calcio giovanile».

Il rammarico più grande?

«Negli anni abbiamo mandato a giocare in club di Serie A e B numerosi tesserati, ma potevano essere di più. I due anni di Covid hanno compromesso l’esplosione di alcuni dei nostri giocatori, privandoli di una grande felicità. Nel lavoro di un direttore sportivo il risultato è un aspetto determinante, ma non il più bello».

E qual è ?

«Quando comunichi a un ragazzo di essere stato selezionato da un club di A. Ricordo ancora la scena con Loris Rosamilia, un difensore fucecchiese classe 2008. Dicembre 2022, entro negli spogliatoi con la maglia della Fiorentina, lo guardo e gli dico che quella sarebbe stata la sua prossima maglia: non dimenticherò mai le sue lacrime di gioia. Oltretutto sta facendo bene a Firenze».

L’errore che non rifarebbe?

«Un allenatore confermato per una categoria importante, sapendo che probabilmente non era pronto. Fu una scelta di cuore, di riconoscenza, ma che alla fine ha portato alle sue dimissioni. Mi sono sentito responsabile e quell’episodio mi ha fatto capire che nel calcio certe scelte vanno fatte mettendo da parte i sentimenti».

I direttori sportivi, soprattutto per i genitori, non sono proprio il simbolo della simpatia…

«Vero. Spesso è un ruolo antipatico, visto che a volte deve comunicare situazioni non piacevoli per chi ascolta».

Nel Fucecchio è stato tra gli artefici dell’affiliazione “élite” alla Fiorentina: cosa ha dato alla società?

«Visibilità, prestigio, partecipazione a tornei importanti. Ma soprattutto la possibilità di entrare nel circuito delle realtà calcistiche che hanno un peso».

Cosa le lascia Fucecchio?

«I riferimenti: dai ristoranti alla lavanderia, Fucecchio per me era diventata casa. Qui a Fucecchio c’è una bella anima sportiva e una forte vicinanza al calcio, anche della politica e della città. Un grande senso di famiglia: non scorderò mai, nel periodo Covid, i 170 tamponi fatti qui in sede il 17 agosto dal dottor Gargani, nonché assessore, per permettere ai ragazzi di andare in ritiro».

Il calcio giovanile come sta? È vero che facciamo fatica a coltivare talenti?

«A me pare una narrazione che fa moda. E poi attenzione: il calcio giovanile, fatto a certi livelli, è un’azienda. E allora gli allenatori vogliono vincere subito perché così possono chiedere un aumento o una categoria superiore, allo stesso modo se un direttore sportivo fa risultati può fare carriera. Dunque non è semplice lavorare in prospettiva. Negli ultimi anni, però, c’è un ritorno alla qualità rispetto alla fisicità e lo dimostra anche l’esplosione di “insegnanti privati” di tecnica individuale».

Nel migliorare il calcio giovanile c’è una regola che cambierebbe?

«Sì, cercherei di limitare quelle partite che finiscono con risultati eclatanti. Questo succede soprattutto nel primo anno di Giovanissimi: i 34-0 sono una sconfitta per tutti. L’esperimento di quest’anno è stato molto interessante: dopo una prima parte con gironi provinciali senza selezione, nella seconda si sono affrontate squadre che sul campo hanno dimostrato determinati valori. Sono usciti fuori campionati equilibrati e divertenti».

Rapporto tra società e genitori: tasto dolente. Ha una formula magica?

«Magari… Indico tre cose per me funzionali: la chiarezza a inizio stagione, il giocatore deve parlare con l’allenatore, la famiglia con il direttore sportivo».

Nei genitori c’è sempre più l’aspettativa che il proprio figlio diventi calciatore. Consigli?

«Le società di calcio giovanile oggi hanno bisogno delle famiglie e vanno coinvolte delineando precisi confini. Consigli non posso darne perché non sono un genitore. Tuttavia, per me sarebbe opportuno rendere i ragazzi più autonomi nella gestione dei piccoli problemi».

Qual è il suo allenatore ideale?

«Sono per l’allenatore specializzato per la categoria: un ragazzo di 13 anni ha esigenze diverse da uno 16. E credo fortemente che cambiare allenatore ogni anno sia un bene, soprattutto per il giocatore: dal primo luglio di ogni anno deve avere nuove opportunità».

Anche lei è stato allenatore?

«Sì, alla Bellaria Cappuccini. Ma non ero un buon allenatore. E qui devo tutto all’intuizione dell’allora presidente Piero Vetturi, che mi propose il ruolo di ds, andando a esaltare le mie caratteristiche gestionali piuttosto che quelle tecniche, in cui mi sento ancora oggi carente: al Tau avrò modo di provare a colmare questa lacuna».

E allora torniamo all’attualità, il Tau: come è arrivato ad Altopascio?

«Il Tau mi aveva cercato già sei anni fa, ma allora scelsi il Fucecchio perché sentivo che era il giusto gradino da salire. Ora credo di essere pronto per il Tau, trasformando quello che sto facendo in un lavoro vero e proprio. Ed è anche la scelta giusta per Fucecchio: il mio ciclo in bianconero era giunto alla fine».

Ha ricevuto altre offerte?

«Sì, anche da società professionistiche. Ma Antonello Semplicioni, presidente del Tau, mi ha offerto quello a cui aspiravo: compiti più di gestione e meno di campo, in una realtà top nel calcio giovanile».

Il Tau, era nel destino: che ruolo avrà?

«Responsabile del settore giovanile dagli Allievi alla scuola calcio. Gestirò i budget e coordinerò le varie anime e i tanti progetti del Tau, compiti finora svolti dal presidente stesso. Con la riforma del lavoro nello sport dilettanti, ho firmato per tre anni: anche per questo sono molto contento».

Cosa l’ha convinta ad accettare?

«La presenza del presidente Antonello Semplicioni. Per ora, in presidenti, sono sempre stato molto fortunato: prima Venturi e qui a Fucecchio Marco Montanelli. Persone speciali, che non smetterò mai di ringraziare».

Ci indichi un aspetto su cui lavorerà al Tau?

«Per tre anni sono stato osservatore ufficiale della Fiorentina: e allora credo che la migliore società dilettante debba avere un rapporto con la migliore società toscana professionistica».

Il Tau è un traguardo o una tappa del suo percorso?

«Il Tau è l’università del calcio giovanile, dove potrò migliorare e apprendere da tutti ciò che mi manca, soprattutto nella formazione tecnica: invidio l’occhio clinico sui giocatori di Marco Bertelli (responsabile al Tau del centro formazione Inter, ndr). Sull’aspetto organizzativo spero di apprendere da Maurizio Matteoni: un grande nel suo lavoro».

Ha un sogno nel cassetto?

«Sì, da toscano responsabile del settore giovanile della Fiorentina».

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